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CHIOGGIA Diecimila pratiche urbanistiche del Comune di Chioggia giacciono in un qualche magazzino di una località imprecisata dell’Abruzzo e sono consultabili “on demand”, ma a pagamento, anche se il Comune, per questo “servizio” ha già sborsato oltre 100mila euro. È paradossale la vicenda portata alla luce dal consigliere Marco Dolfin, a seguito di una banale richiesta di chiarimenti sull’iter, eccessivamente prolungato, di una pratica urbanistica.
COSA È SUCCESSO
«Ho più volte segnalato – dice Dolfin – le difficoltà degli uffici per mancanza di personale e quando un cittadino mi ha fatto presente che non riusciva a ottenere copia di una Dia di diversi anni fa, sono andato a chiedere informazioni. Non per scavalcare chi, eventualmente, avesse avuto priorità negli accessi agli atti, ma per capire cosa stava accadendo: tre, sei o anche otto mesi di attesa per ottenere un certificato sono davvero troppi».
Così Dolfin si è sentito rispondere che quella pratica, che l’interessato cercava, non si trova più a Chioggia ma, appunto, in Abruzzo, insieme ad altre 10mila. Questo perché, nel 2014, il Comune aveva affidato a una ditta, la Csp spa, con sede a Torino, la digitalizzazione di parte delle pratiche edilizie, a seguito di gara, per un importo complessivo di 97.600 euro. Poi si era dovuto prevedere un’integrazione di circa 5000 euro perché il bando di gara non aveva previsto che, spesso, servivano le foto a colori (e non in bianco e nero) per la comprensione dello stato dei luoghi e dei progetti.
VIA IN CAMION
Comunque le pratiche erano state caricate su dei camion e spedite, in più tranche, alla ditta che, entro la fine del 2017, le aveva tutte digitalizzate e aveva ricevuto il suo compenso.
DA UNA DITTA A UN'ALTRA
Nel 2019 la Csp fallisce e il Comune si trova “senza” le sue pratiche edilizie. «A questo punto – dice Dolfin – il Comune non ha riavuto le pratiche ma è subentrata, non so a che titolo, un’altra ditta, con sede in Abruzzo, che, su richiesta degli uffici comunali fornisce copia della pratica digitalizzata, a fronte di un corrispettivo di 20-25euro, che il Comune paga attingendo da un capitolo di bilancio. Ma se si esaurisce quel capitolo, occorre aspettare il rifinanziamento».
In questo modo le pratiche dei cittadini che abbiano bisogno di una documentazione precedente (e custodita dalla ditta abruzzese) rischiano di dover aspettare tempi biblici, dal momento che non ci sono solo i tempi di lavoro degli uffici ma anche quelli burocratici (e politici) legati all’approvazione del bilancio o, quanto meno, alle necessarie variazioni dei capitoli di spesa. A questo punto, Dolfin pone una domanda: «Perché il Comune, dopo aver pagato oltre 100mila euro, non ha la disponibilità piena dei suoi dati?».
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Il Gazzettino