PORDENONE - «Mia figlia non seguirà le ore di educazione fisica». Una “sentenza” che non potrà essere rispettata, perché le...
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EMARGINAZIONE
La vergogna, la paura, il timore di essere nel torto perché tra le quattro mura di casa vince chi alza la voce. Far emergere le storie di emarginazione giovanile che nascono per motivi religiosi è assai complicato. Ma la speranza, qui come in altri casi, alberga proprio nei pensieri dei giovani stessi. Sono loro, le ragazze, a svelare le storie più brutte nei temi scolastici. Con la penna scrivono quello che non riescono a dire con la voce. E gli insegnanti, poi i presidi, si accorgono di una situazione difficile sia da controllare che da correggere. A Pordenone, ma anche nelle scuole dei comuni più grandi della provincia, ci sono giovani adolescenti sulla cui testa pendono vere e proprie minacce: «Non possono partecipare alle attività extrascolastiche del pomeriggio, non sono autorizzate dalle famiglie a partecipare alle gite», spiega sempre la dirigente Polmonari. Per non parlare di un’uscita tra amici di pomeriggio, un ambito nel quale nemmeno la scuola può entrare. È un microcosmo di emarginazione controllata, di un tentativo di esclusione dalla società che non può portare ad altro che a una progressiva ghettizzazione. Il mondo della scuola ha iniziato a comprendere le dimensioni del problema, che nasce quando sui capelli delle giovani alunne inizia a comparire il velo, simbolo della religione musulmana vista con gli occhi delle donne. E il rischio è che dall’ora di ginnastica si passi alla convivenza tra i banchi, in una battaglia ideologica più vicina al diciottesimo secolo che al Duemila.
Marco Agrusti
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Il Gazzettino