PORDENONE - La Corte d’appello dice che la “tangente filmata” dalla Guardia di finanza non è corruzione. Il geometra Diego Fonn e il geologo Mario...
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La battaglia in Appello ha visti contrapposti difese (avvocati Bruno Malattia, Aurelia Barna e Andrea Mondini), Procura di Pordenone e Procura generale. Il pm Federico Facchin aveva impugnato la sentenza di primo grado convinto che la riformulazione dell’imputazione non fosse corretta: insisteva per la concussione. La Pg aveva a sua volta impugnato perchè riteneva che la pena fosse troppo lieve, tanto che l’altro ieri erano state chieste condanne per quattro anni. Ma la Corte presieduta dal giudice Pier Valerio Reinotti non c’è stata nè concussione nè corruzione. Il perchè lo si comprenderà leggendo le motivazioni. Se la decisione è stata “tecnica”, legata alle modifiche fatte dal legislatore in materia di corruzione e concussione, è scontato che la Procura prenderà la strada della Cassazione. «Finalmente si è fatta chiarezza - tuonano invece gli avvocati Malattia e Barna - Non era una mazzetta, ma il regolare pagamento per l’attività extraufficio fatta da Fonn. Tutti gli atti relativi alla concessione per l’estrazione di ghiaia nel Meduna sono risultati regolari».
È stato un procedimento sofferto, che per Fonn è passato attraverso un arresto durato quattro mesi (si era fatto anche alcune settimane in carcere prima di ottenere i domiciliari). In primo grado, oltre alla presunta mazzetta da 2.700 euro, gli erano stati confiscati beni fino a 16.500 euro. Fogato, dopo la condanna, era stato invece costretto a rinunciare a diversi incarichi. Per Malattia si è fatta «finalmente chiarezza su una vicenda equivoca, generata da una denuncia improvvida» e nella quale la regione Fvg si era costituita parte civile.
Al centro della vicenda c’erano gli imprenditori Fulvio D’Andrea e Albino Rizzo. Secondo l’accusa erano stati indotti a versare mazzette al funzionario della Regione per agevolare l’iter della concessione per l’estrazione della ghiaia. Secondo il Tribunale che li ha condannati in primo grado avevano invece un accordo con il dipendente pubblico e il progettista: Fogato si sarebbe occupato del progetto, Fonn avrebbe collaborato. I due imprenditori - che poi avevano ceduto la cava guadagnando oltre 300 mila euro a testa - avrebbero ricompensato i professionisti con complessivi 80 mila euro per i progetti e le prescrizioni chieste dal Via. Fogato ha dimostrato che non percepiva tangenti: era soltanto la sua parcella. Lo stesso dicasi per Fonn, che si era occupato di questioni comunque estranee al suo ufficio in Regione. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino