PORDENONE - C'è un intero paese, composto da duemila persone, che aspetta di poter entrare in una casa popolare. Circa la metà di questo paese sparso in tutta la...
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I NUMERI
Si torna al capo A del ragionamento, partendo dai numeri. In tutta la provincia di Pordenone ci sono circa duemila persone che attendono una risposta alla domanda inoltrata all'Ater e finalizzata all'ottenimento di una casa popolare. Di queste, circa seicento sono riferite solamente al territorio comunale di Pordenone. Si tratta di domande che sulla carta si potrebbero evadere in circa due anni, stanti anche gli investimenti messi in campo da Ater nell'ultimo lustro. In un trend che si dimostra crescente, circa la metà delle richieste è inoltrata da cittadini stranieri. Ogni caso è a sé stante, ma non si rischia di generalizzare se si dipinge un quadro fatto di redditi bassi e persone che dichiarano di non possedere altre abitazioni. Il risultato dell'aumento delle domande compilate da cittadini stranieri ed extracomunitari pesa sulle famiglie italiane, che si trovano a dover lottare per non finire troppo in basso nelle graduatorie, cosa che in realtà accade spesso e volentieri. In parole povere, chi prima rientrava tra gli aventi diritto, ora rischia di rimanere a piedi. Il tutto al netto di una rivoluzione che sta bollendo in pentola a Trieste.
LA STRETTA
La giunta regionale a guida leghista vuole dar seguito a uno dei punti più discussi del suo programma elettorale, che prevedeva di rivedere radicalmente i criteri per l'accesso agli alloggi popolari. Se la norma dovesse passare l'esame del consiglio regionale, ecco come cambierà la geografia delle graduatorie. Lo spiega il numero uno di Ater, Angioletto Tubaro. «Le vecchie graduatorie - illustra - sarebbero destinate a decadere immediatamente. Chi ha già fatto domanda per una casa, dovrebbe ripresentarla ed essere in possesso dei nuovi criteri restrittivi, che prevedono innanzitutto l'innalzamento del periodo minimo di residenza in regione (da due a cinque anni, ndr), poi una certificazione che esclude il possesso di altri alloggi in qualsiasi parte del mondo e infine un terzo certificato controfirmato dal consolato del Paese d'origine del richiedente». Non c'è ovviamente alcun criterio basato puramente sulla nazionalità del richiedente, ma è chiara l'intenzione di riportare i cittadini italiani in una posizione quatomeno pari a quella da cui partono gli stranieri che fanno domanda per ottenere una casa popolare.
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Il Gazzettino