Fedeli in rivolta: «Basta chitarre a messa, meglio canti gregoriani»

Fedeli in rivolta: «Basta chitarre a messa, meglio canti gregoriani»
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PORDENONE - «Con tutto il rispetto, a volte durante le funzioni mi sembra di ascoltare la programmazione di Radio Birikina. Non c’entra nulla con la sacralità del momento». Il paradosso arriva da Roberto, sessantenne pordenonese, a proposito della tipologia di musica in chiesa. La domanda di fondo è: durante la messa è giusto accentuare i "toni" moderni, che strizzano l’occhio ai giovani, o bisogna invece recuperare le armonie antiche, ormai sempre più rare? E ancora: non è che la "fuga dal rito" affondi le sue radici proprio nella mancanza di senso del sacro percepita di fronte al parroco? Sono i temi evocati da un gruppo di fedeli pordenonesi e arrivati fino al vescovo Giuseppe Pellegrini, al quale è stato segnalato il loro disagio.

Un nutrito gruppo di persone, non soltanto anziani legati all’ortodossia della liturgia ecclesiale, ha indirizzato così al presule una richiesta legata a un’osservazione di Benedetto XVI sul "recupero" del gregoriano. Oltre al Papa emerito, citano Giacomo Baroffio e don Eugène Cardine, difensori di questo canto antico e solenne. «Anche nel nostro tessuto diocesano - è la tesi espressa nel documento - il gregoriano giace nell’oblio, spazzato via da un atteggiamento irriverente, indifferente, apatico, vergognoso, per nulla interessato a specifiche responsabilità d’intervento e preparazione. Oggi va di moda discutere di bellezza, una realtà lontana anni luce dal respiro liturgico. Così la Parola di Dio è quasi sempre accolta e sostenuta da una mediocrità musicale che spinge fortemente a uscire dall’assemblea. Eppure tutti i documenti pontifici lo riconoscono come il canto proprio della Chiesa romana, per la sua incomparabile possibilità di esprimere la preghiera».

Cosa pensa monsignor Pellegrini in proposito? «Per la verità - risponde -, se sul caso c’è una lettera io non l’ho ancora vista. Neppure a me piace il "chiasso", ma bisogna saper distinguere: se le chitarre vengono suonate con delicatezza e armonia, non siamo certo di fronte a un problema». Attenzione, quindi, a fini e mezzi. «Il punto centrale - assicura il vescovo - è che ci sia una bella e profonda partecipazione alla messa. Il canto, qualunque esso sia, deve aiutare le persone a favorire il momento di preghiera condivisa. Attraverso la musica si può e si deve incontrare il Signore. Non si tratta di portare in chiesa soltanto ciò che si rivela conforme ai nostri gusti individuali: prima del gregoriano, che naturalmente amo e rispetto, ci sono state diverse altre tipologie di canto». Non solo: «Avendo girato il mondo - puntualizza Pellegrini -, ho assistito a messe con tamburi in Africa e con i flauti altrove. Che senso avrebbe fare una classifica?». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino