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VENEZIA - Il 2 novembre 2016 alle 7:10 di mattina l'ultimo gradino in vetro dal lato stazione del ponte di Calatrava era reso viscido dall'umidità e dalla nebbia presente quella mattina in città. Così quando A.B., all' epoca adolescente mestrina di 15 anni, aveva appoggiato il piede sul gradino nella fase di discesa dal ponte, verso la stazione ferroviaria, era scivolata a terra. Un volo che le era costato la frattura del malleolo peroneale destro causandole un'invalidità permanente del 4% e 51 giorni di malattia a causa del danno alla caviglia. La vicenda si è chiusa settimana scorsa di fronte al tribunale civile che per quella caduta ha ritenuto responsabile il Comune di Venezia condannandolo ad un risarcimento di 11.028,15 euro nei confronti della vittima, assistita in processo dagli avvocati Augusto Palese e Niccolò Bullo.
LA RELAZIONE
Secondo il consulente del giudice civile, C'è stata una "derivazione eziologica", cioè un legame, tra la caduta della quindicenne e "la pericolosità dello stato dei luoghi, cioè il gradino in vetro, tale da connaturarla quale insidia non segnalata dall'ente gestore (il Comune, ndr) e priva di presidi antisdrucciolo".
LA TESTIMONE
Agli atti del processo anche la testimonianza di uno dei vertici di Insula, la società che coordina gli interventi di riparazione sul ponte di Calatrava, che ha spiegato al giudice come il gradino sul quale la 15enne aveva perso l'equilibrio quella mattina di sette anni fa, non è stato sostituito perché presenterebbe la rugosità sufficiente per essere considerato antiscivolo. «Rileva tuttavia il tribunale - si legge in sentenza - come il Comune non solo non sia stato documentato l'indice di rugosità (che viene calcolato attraverso un macchinario acquistato da Insula nel 2019, ndr) ma anche abbia riconosciuto la pericolosità degli stessi gradini avendo posizionato strisce antiscivolo dal 2020».
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