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CAMPO SAN MARTINO (PADOVA) - Non è mica solo Forza Italia a compiere 30 anni. È pure la “Magna Porcatio”, il che è un po’ lo stesso ora che Clodovaldo Ruffato è ufficialmente rientrato nel partito azzurro e alla sua festa della maialatura si rivede la vecchia guardia forzista, in tutte le sue mutevoli rappresentazioni. Del resto in questi tre decenni è cambiato il mondo, per cui finisce che attorno alla grande tavolata di centrodestra siedano adesso un po’ tutti, dalla Lega a Fratelli d’Italia passando per l’Unione di Centro: antipasti, primo e secondo certo che sì, ma terzo (e di fatto) quarto mandato di Luca Zaia anche no, a sentire l’aria della giornata impregnata di fumo e di nebbia.
All’agriturismo “La penisola” di Campo San Martino, nell’Alta Padovana, manca solo Giancarlo Galan: benché atteso, l’ex governatore ed ex ministro è assente, «per impegni familiari». Per il resto ci sono praticamente tutti, azzurri della prima e dell’ultima ora, magari andati e poi ritornati, spesso dopo un intermezzo centrista, oppure mai rientrati però sempre presenti: da Renato Chisso a Luigi Rossi Luciani, da Giorgio Carollo a Barbara Degani, da Marino Zorzato a Massimiliano Barison, non ultima Elisa Venturini, in dolce attesa con omaggio floreale. Ma ci sono anche leghisti come Rosanna Conte e Luciano Sandonà, venetisti quali Fabrizio Comencini ed Ettore Beggiato, il centrista Antonio De Poli, i fratelli Luca De Carlo, Enoch Soranzo e Fabio Miotti.
GOLIARDIA E AFFETTO
Tanta goliardia, ma anche altrettanto affetto, nel pranzo promosso dall’associazione “Realtà veneta”: un cartonato ricorda il compianto amministratore locale e attivista sociale Emanuele Canova, una lotteria improvvisata mette in palio maialini di ogni foggia e raccoglie 1.100 euro per la “Città della speranza”.
MESSAGGI E VELENI
Spunti per la politica, una passione che continua a bruciare sotto la brace, ammette Ruffato, ex presidente del Consiglio regionale: «Ho appena rifatto la tessera di Fi per due ragioni. Dopo la dipartita di Silvio Berlusconi, che è stato immenso, c’è un nuovo leader come Antonio Tajani, che è autorevole e moderato. In più è arrivato Flavio Tosi, portando una ventata di entusiasmo e di novità che mancava. Ad accomunarci è la politica del fare, non dell’apparire. Il terzo mandato? Dopo due di fila, io non mi sono più ricandidato, perché credo che dieci anni nello stesso posto siano più che sufficienti. Non dico che si debba andare a casa, ma si può fare dell’altro, in ruoli diversi».
De Carlo, coordinatore veneto di Fdi, esclude però di essere qui per lanciare un messaggio politico: «Solo “viva il maiale”... Apertura al mio partito in pompa magna? No, solo magna...». L’ex assessore regionale Chisso nota le presenze meloniane e da forzista non se ne dispiace: «Bene così, questo è un raduno tra persone che la pensano alla stessa maniera, anche se poi indossano camicette diverse. Ci unisce la gran voglia di cambiare il mondo, di far sì che le cose vadano meglio. E in 30 anni secondo me il Veneto è migliorato: forse adesso si è un po’ fermato, ma c’è stato un periodo in cui la politica ha risposto nettamente alle richieste del mondo produttivo». Il tema è delicato: a proposito di anniversari tondi, nel 2024 ricorre pure il decennale dello scandalo Mose, per cui Chisso e Galan (più tutti gli altri) patteggiarono. Ma del passato, l’ex titolare delle Infrastrutture preferisce ricordare le opere in sé, ora che vede arrivare al traguardo la Pedemontana e ritornare in auge la Via del Mare: «Non parlerei di rivincita, perché non ce l’ho con nessuno, ma piuttosto di soddisfazione nel constatare che eravamo nel giusto». Ma da azzurro degli albori, cosa pensa della conduzione tosiana? «Vedo bene Tosi, però si è attorniato da alcuni personaggi... Non è pensabile che uno dica: o con me, oppure fuori. Ma dove siamo? Non è il gulag, non siamo in Russia. Flavio sta facendo un ottimo lavoro sugli iscritti, ma i voti arrivano se interpreti la realtà veneta. Deve stare attento ad alcune persone che lo tirano giù». Veleni post-congressuali della provincia di Venezia, pare di capire, tuttavia la domanda è un’altra: sì o no allo Zaia-ter (o quater)? Chisso liquida la questione con autoironia: «Il terzo mandato porta sfiga...».
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Il Gazzettino