Riaperture, il 46% di bar e ristoranti non ha spazi all'aperto. «I sindaci ci diano più plateatici»

Si torna a mangiare all'aperto
VENEZIA - Le riaperture decise dal governo per il 26 aprile in zona gialla non risolvono i problemi dei ristoratori, piegati da un anno di chiusure a singhiozzo. «Riaprire...

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VENEZIA - Le riaperture decise dal governo per il 26 aprile in zona gialla non risolvono i problemi dei ristoratori, piegati da un anno di chiusure a singhiozzo. «Riaprire solo le attività che hanno i tavolini all'esterno, significa prolungare il lockdown per oltre 116mila pubblici esercizi», avverte la Fipe, l'organizzazione degli esercenti: «Il 46,6% dei bar e dei ristoranti italiani non ha spazi all'aperto, percentuale che si impenna nei centri storici. Per esempio nel Nordest potrebbe salire al 60%. Se questo è il momento del coraggio, che lo sia davvero. I sindaci mettano a disposizione spazi extra per le attività economiche che devono poter apparecchiare in strada ed evitare così di subire, oltre al danno del lockdown, la beffa di vedere i clienti seduti nei locali vicini».


«La decisione del governo rappresenta non un punto di arrivo, ma un punto di partenza per uscire definitivamente dal tunnel e riaprire tutti i settori e tutte le attività», avverte Mario Pozza, presidente di Unioncamere Veneto: «Un segnale può contribuire a mitigare il clima di tensione». Però c'è bisogno di «continuare a lavorare sui sostegni non secondo la logica dell'assistenzialismo, ma con una visione sistemica ed interventi a chi veramente ne ha bisogno in modo da dare certezza e sicurezza a chi riapre». Guardando anche a palestre e piscine. «Se si apre, deve essere un'apertura per tutto il settore. L'avere il plateatico come condizione per poter tenere aperto la sera e l'aumento del distanziamento interno tra i tavoli, sono due elementi che rendono ancora più difficile la ripartenza - sottolinea Maurizio Franceschi, direttore Confesercenti Veneto -. A livello nazionale, ci siamo infatti già attivati affinché siano ripristinati i protocolli di sicurezza già esistenti, condivisi con il Comitato Scientifico e con le Regioni. Devono essere attuabili per tutti, senza ulteriori discriminazioni. In più è necessario da un lato allargare la fascia del coprifuoco altrimenti a cosa servono le aperture serali, dall'altro, nelle città venete fortemente turistiche, la ripartenza di bar e ristoranti è strettamente connessa alla mobilità delle persone, quantomeno tra regioni».


DIFFICOLTÀ


Anche gli esercenti del Friuli Venezia Giulia temono una ripartenza problematica. «Non voglio dire - afferma Pier Dal Mas, ristoratore e rappresentate della categoria per Ascom Pordenone - che sia una presa in giro, ma poco ci manca. Si creano operatori di serie A e operatori di serie B e la ripartenza rischia di essere a due velocità. E poi ci sono i locali della nostra montagna o pedemontana: con il clima che c'è, non certo ancora estivo, come fanno a riaprire all'esterno? Si tratterebbe di posizionare i funghi termici per riscaldare l'ambiente, altri investimenti. E per le cene bisognerà un po' accelerare». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino