Tintura cancellata dal tempo e nel giro di due anni la pista ciclabile diventa fantasma

Quando le strisce delle ciclabile di via Aquileia erano visibili
UDINE Fatta, cancellata, rifatta e ora quasi scomparsa. La pista ciclabile di via Aquileia non ha vita “lunga”: a poco più di due anni dalla sua realizzazione,...

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UDINE Fatta, cancellata, rifatta e ora quasi scomparsa. La pista ciclabile di via Aquileia non ha vita “lunga”: a poco più di due anni dalla sua realizzazione, infatti, le strisce che la delimitano non si vedono più. Una situazione che il movimento Spazio Udine aveva segnalato già nell’aprile scorso (il percorso per le due ruote era stato completato verso la fine del 2019) e che non è stata risolta. Il Comune, però, assicura che il ripasso del colore è già in programma.


LA POSIZIONE
«Nel 2021 hanno ripavimentato via Vittorio Veneto – commenta il portavoce Ivano Marchiol -, mentre in via Aquileia, che ne è la continuazione, la segnaletica orizzontale della pista era già scomparsa ad a distanza di un anno dai lavori, neanche fosse stata fatta coi gessetti». Fin dalla sua “nascita”, quel percorso destinato alla mobilità sostenibile è stato segnato dalle polemiche: a ottobre 2019, infatti, dopo il cantiere di rifacimento del porfido lungo la via, i lavori furono aspramente criticati proprio per la confusione creata dalle righe che segnalavano le diverse corsie: sul lato destro, infatti, era stata disegnata una fila di parcheggi a ridosso della pista. I dubbi sollevati da molti portarono alla modifica del progetto: le linee furono cancellate e furono tolti gli stalli di sosta dal lato sinistro della carreggiata su cui fu spostata tutta la ciclabile, a doppia corsia. Tra l’altro, si tratta non di una “ciclabile qualsiasi”, ma della Fvg1, ossia l’Alpe Adria, che infatti transita lungo via Aquileia prima di dirigersi verso Pradamano e da lì a Grado. Non a caso, infatti, la giunta Fontanini ha voluto sistemare piazzetta del Pozzo (proprio in fondo alla strada), per realizzarvi anche una sorta di punto di sosta per i ciclo-turisti dato che Torre Aquileia segna la porta di uscita dalla città per chi percorre la Salisburgo-Grado. 


SEGNALETICA
«La segnaletica orizzontale della pista di via Aquileia va ripassata – spiega il vicesindaco Loris Michelini -, è già dall’anno scorso che si vede di meno. Questo lavoro però va fatto nella stagione giusta affinché il pigmento tenga di più, soprattutto sul porfido. Anche in altri punti della città c’è questa necessità. L’anno scorso sono state rifatte le strisce nella zona dai Rizzi a Paderno e man mano continueremo: il problema è che ci sono poche ditte che si occupano di questo e quindi bisogna trovare il modo per velocizzare le cose e aumentare le strade interessate. Per ripassare via Aquileia, inoltre, volevamo attendere l’approvazione del Biciplan che lì, così come in via Vittorio Veneto, prevede una zona 30 dove le ciclabili non hanno bisogno di cordoli di separazione. È un lavoro che comunque abbiamo in programma». 


IL NODO


«Ci sono varie zone della città dove si ripresenta la problematica della segnaletica orizzontale – conferma Marchiol -, ma almeno quella di via Aquileia è una pista effettivamente ciclabile. Si tratta di uno dei pochi casi in città perché per il resto, a Udine ormai da decenni, ci si approccia alla ciclabilità in maniera malsana, realizzando cioè ciclopedonali. I ciclisti vengono praticamente considerati come pedoni e quindi condividono con essi la sede: sono costretti ad attraversamenti, a fare attenzione ai passi carrai, a fare slalom tra le persone che camminano. E tutto questo per non sacrificare lo spazio riservato alle auto. Invece, la bici andrebbe considerata come un veicolo perché questo è: un mezzo di trasporto. Il Piano Urbano della Mobilità risale al 2011: da allora sono stati spesi un sacco di soldi e realizzate molte infrastrutture, ma la gente continua al 90 per cento a muoversi in auto. Paradossalmente, fare piste ciclabili potrebbe costare molto meno: basterebbe sfruttare la strada e creare una separazione con la parte destinata alle auto. Una città incentrata sulle auto è destinata a fallire perché le auto sprecano spazio pubblico. Per cambiare l’impronta della mobilità, è necessario partire dalla riduzione dello spazio per le auto, che sono un mezzo inefficace e inefficiente per muoversi in città, e destinarlo a chi può portare un valore aggiunto». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino