Pieve di Cadore, incendio alla pizzeria Mordi e fuggi. Il pm chiede 20 anni: «Rogo pianificato per incassare l'assicurazione»

Pieve di Cadore, incendio alla pizzeria Mordi e fuggi. Il pm chiede 20 anni: «Rogo pianificato per incassare l'assicurazione»
PIEVE DI CADORE - La gravità dei fatti unita alla pericolosità sociale degli imputati. È una delle motivazioni che ha spinto il pubblico ministero Marta...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

PIEVE DI CADORE - La gravità dei fatti unita alla pericolosità sociale degli imputati. È una delle motivazioni che ha spinto il pubblico ministero Marta Tollardo a chiedere pene severissime per le persone coinvolte a vario titolo nel processo sull'incendio della pizzeria "Mordi e fuggi" di Pieve di Cadore. Nello specifico, sono stati chiesti 5 anni di reclusione per il titolare del locale Alessandro Piccin, 4 anni e 6 mesi per il reo-confesso Fabio Laritonda, 4 anni per Pasquale Ferraro, 3 anni e 6 mesi ciascuno per Giuseppe Lauro e Luigi Zanettin.

IN AULA

Un'udienza che è durata ore, quella di ieri mattina. Il Tribunale ha ascoltato gli ultimi testi della difesa Zanettin e Piccin (sul rapporto di amicizia che legava i due) e poi è iniziata la requisitoria del pm. Sono state ripercorse tutte le fasi dell'indagine. Dalle testimonianze delle prime persone accorse sul luogo dell'incendio, all'individuazione dei primi tre indagati (Laritonda, Lauro e Ferraro), al collegamento con gli ultimi due (Piccin e Zanettin) tramite gli aumenti sospetti dei massimali delle polizze. Poi è stato il turno delle numerose parti civili, negozi, associazioni, locali, studi legali, rimasti danneggiati dalle fiamme. Le richieste di risarcimento danni oscillano tra i 10 e i 20mila euro. Infine le difese: Zanettin (avvocato Massimo Montino), Lauro (avvocato Giulia Munerin), Laritonda (avvocato Francesco Fontana), Pasquale Ferraro (avvocato Francesco Monopoli) e Piccin (avvocato Jenny Fioraso). L'unico che è riuscito a prendere la parola è stato l'avvocato Fontana che ha chiesto l'assoluzione perché il fatto non costituisce reato. Poi il giudice ha rinviato all'udienza del 26 maggio per la seconda e ultima parte della discussione. I cinque imputati devono rispondere di incendio doloso, truffa ai danni dell'assicurazione e danneggiamento aggravato (per Piccin c'è anche la calunnia) per quanto avvenne a Pieve di Cadore, il 24 aprile 2017, alle 3.24 del mattino. Per la Procura di Belluno sarebbero stati loro a causare l'incendio della pizzeria "Mordi e fuggi", cospargendo di benzina l'interno del locale e poi appiccando il fuoco. Le fiamme divamparono in fretta e raggiunsero addirittura i serramenti dello studio dentistico di Domenico Chiesa. Ma che motivo c'era di incendiare la pizzeria?

L'ACCUSA

Secondo il pm Paolo Sartorello, era stato Piccin a «ideare e pianificare l'azione allo scopo di ottenere il risarcimento dei danni dall'assicurazione». Giuseppe Lauro, invece, avrebbe trasportato Fabio Laritonda e Pasquale Ferraro sul proprio taxi fino alla pizzeria. Zanettin, infine, sarebbe stato il tramite tra Piccin, titolare del locale, e gli altri tre. Il movente del rogo, tuttavia, ha cominciato a scricchiolare durante il processo. È stato lo stesso Piccin, documenti alla mano, a raccontare di non aver mai avuto problemi finanziari: «All'inizio pensavo mi avessero confuso con qualcun altro. La mia era un'azienda solida che nel 2017 ha segnato un +27%. Poi ho capito che avevano preso la negatività del saldo mutuo sulla prima casa, trasformandolo in un debito: così è nato il movente». Nessun debito, quindi. Ed è per questo che il Tribunale del Riesame aveva deciso di scarcerarlo dopo 30 giorni rilevando una "grave insufficienza del quadro indiziario". E in effetti, ieri il pm ha ammesso che dietro quel gesto probabilmente non c'erano interessi economici (legati a problemi finanziari), ma semmai la possibilità di un facile guadagno. Le richieste di condanna sono state calibrate sulla pericolosità sociale degli imputati.

Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino