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PORDENONE Nella primavera scorsa, nel pieno della pandemia, si era messo a disposizione dell'Azienda sanitaria accettando la mission di dare una mano in quella che - tra marzo e aprile - era forse la situazione più drammatica e difficile da gestire: i contagi e gli anziani che il virus si stava portando via uno dopo l'altro alla casa di riposo Micoli Toscano di Castions di Zoppola. Stavolta si trova a coordinare il lavoro non facile nella Rsa-Covid nell'ospedale di Sacile. Sì, perché l'ex primario della Medicina del Santa Maria degli Angeli di Pordenone Piero Casarin è tornato. Per la seconda volta, in pochi mesi, ha risposto immediatamente alla chiamata della direzione dell'Azienda sanitaria. Non ci ha pensato su. «La situazione è piuttosto grave. Ritengo sia doveroso contribuire a dare una mano per quello che è possibile. Anche perché credo che purtroppo siamo di fronte a un'onda d'urto dell'epidemia non sarà facile e non sarà breve», sottolinea il medico volontario che a 68 anni ha deciso di tornare tra i malati e gli operatori. Dallo scorso 13 ottobre è in servizio tutti i giorni nella Rsa-Covid di Sacile. E così, a poco più di due anni dalla pensione, si rimette il camice bianco (anche se sarebbe più appropriato dire la tuta bianca, la mascherina e la visiera) e torna tra i suoi ex colleghi e collaboratori per portare il suo aiuto, ma soprattutto la sua competenza in questo momento di drammatica seconda emergenza.
«Quello che colpisce di più in questa seconda ondata - sostiene il medico - è l'elevatissimo tasso di mortalità raggiunto in poco tempo.
MOLTI DECESSI
Sei morti in due giorni anche nel nostro territorio, un dato allarmante? «Preso così sì, però bisognerebbe vedere quando le persone che sono morte si erano ammalate e che tipo di patologie avevano. In ogni caso quel dato rappresenta, in due giorni, il 10 per cento del totale dei decessi, 65, che la provincia ha dovuto contare la scorsa primavera». Nella Rsa-Covid con diciotto posti dove lei presta servizio qual è la tipologia dei pazienti? «Contrariamente a quanto si possa pensare non sono tutti anziani. Ci sono pazienti Covid che vengono dimessi dall'ospedale ma che non possono tornare a casa. C'è stato anche qualche caso di cinquantenne e sessantenne. Negli ultimi otto giorni però abbiamo anche dimesso undici pazienti che sono guariti. Ma la battaglia sarà ancora lunga, credo molto lunga».
D.L.
Il Gazzettino