«Veneto libero», un migliaio di indipendentisti a San Marco

VENEZIA - Al grido di "Veneto libero" un migliaio di venetisti si sono dati appuntamento questo pomeriggio in piazza San Marco per festeggiare il 25 aprile e il patrono...

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VENEZIA - Al grido di "Veneto libero" un migliaio di venetisti si sono dati appuntamento questo pomeriggio in piazza San Marco per festeggiare il 25 aprile e il patrono di Venezia.

La ricostruzione storica è affidata all'associazione culturale "Raixe venete". In contemporanea l'esibizione dell'orchestra e del coro della Fenice.
 


IL DISCORSO DEL SINDACO
«Grati a coloro che ci hanno ci reso possibile vivere in un Paese democratico, dobbiamo diventare noi stessi custodi della Costituzione, rispettandone il senso profondo. La libertà, spesso fraintesa e trasformata in diritto di fare ciò che si vuole nel disprezzo delle regole e del rispetto degli altri, sia vissuta come dono prezioso, custodita e difesa con passione. Si la libertà. Le lezioni della Storia ci insegnino a vivere da uomini e donne veramente liberi». È con queste parole del sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, e sulle note di «Bella Ciao», intonate dalla Banda di Pellestrina, che si sono concluse le celebrazioni per il 71/o anniversario della liberazione in Campo del Ghetto Nuovo. Alla cerimonia dell'alzabandiera è seguita la commemorazione ufficiale, a cui sono intervenuti, oltre al primo cittadino, il presidente della Comunità ebraica, Paolo Gnignati, e il presidente dell'Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della società contemporanea (Iveser), Marco Borghi.

LE PAROLE DEL PATRIARCA

Il Vangelo, a cominciare da quello di San Marco, invita ad «uno sforzo» che «non è solo impegno teologico» ma anche una spinta ad «includere tutti, non escludere nessuno, evitando ogni scarto e cercando di superare ogni barriera e muro». Lo ha detto il Patriarca di Venezia Francesco Moraglia nell'omelia per la messa solenne in Basilica in occasione della festa di San Marco, patrono della città, che coincide con il 25 aprile giorno della liberazione. Moraglia ha centrato la propria omelia sul ruolo di Marco come evangelizzatore sottolineandone la sua attualità di comunicatore ed allo stesso tempo narratore. Una lettura tutt'oggi valida nell'epoca della globalizzazione ma anche delle tante contraddizioni sociali. «Il Vangelo - ha detto Moraglia - è l'annuncio che ti prende alla sprovvista e, chiunque tu sia, ti mette in discussione perché ti fa comprendere che non sei tu a decidere ma tu, semplicemente, ricevi qualcosa che puoi solo accogliere». «Così Marco, col suo Vangelo, ci dice, per primo - ha proseguito Moraglia -, che Dio fa visita all'uomo e ne provoca sia l'intelligenza sia il cuore». Un messaggio che per il Patriarca implicitamente rimanda ai «Vangeli che nascono, proprio, da tale esigenza: l'obbedienza a Cristo che manda i suoi a predicare la buona novella. E il mettere per iscritto la vicenda di Gesù, da parte della Chiesa, dice la volontà di non allontanarsi dai fatti, quando gli accadimenti non sono più vicini a chi li ha vissuti o li ha sentiti narrare».
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Il Gazzettino