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TREVISO - La nuova allerta meteo in Veneto, prevista per oggi dal pomeriggio alla serata, questa volta riguarda solo il bacino idrografico del Po. Ma il Piave continua a mormorare e, soprattutto, a far litigare: è attesa per gennaio la sentenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche sul ricorso presentato da otto Comuni trevigiani, capitanati da Crocetta del Montello, contro la Regione, il ministero dell’Ambiente e la Presidenza del Consiglio dei ministri, sul progetto delle casse di espansione nelle Grave di Ciano. Un caso istituzionale ma anche politico, poiché diversi dei sindaci ricorrenti, a cominciare da Marianella Tormena, sono leghisti come il presidente Luca Zaia e l’assessore Gianpaolo Bottacin .
LA DELIBERA
Lo scontro amministrativo va avanti ormai da cinque anni ed è diventato giudiziario da trenta mesi a questa parte, con l’annuncio della prima cittadina Tormena, poi appoggiata anche dai colleghi di Giavera del Montello, Nervesa della Battaglia, Volpago del Montello, Vidor, Pederobba, Moriago della Battaglia e Montebelluna: «La nostra richiesta è molto semplice, chiediamo l’annullamento della delibera n°302». Si tratta del provvedimento con cui nel 2021 la Giunta regionale ha preso atto del Piano di gestione del rischio alluvioni, redatto dall’Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali: «Si stima una popolazione esposta a rischio diretto di circa 80.000 persone».
IL DIBATTITO
In questo lustro il dibattito fra i sindaci è stato piuttosto vivace. I prefetti che si sono succeduti hanno evidenziato la necessità di fare in fretta: «La situazione va affrontata in tempi stretti perché il Piave è pericoloso da tempo e ora si dispone di una soluzione che risolverebbe buona parte del problema», ha rimarcato Vittorio Zappalorto a Venezia nel 2019; «È necessario dare inizio alle attività al più presto per preservare l’incolumità pubblica», ha concordato Maria Rosaria Laganà a Treviso nel 2020. «Nell’ambito di tali riunioni al Comune di Crocetta è stato inoltre chiesto di suggerire soluzioni alternative di pari efficacia idraulica supportate da tecnici accademici, ma ad un anno di distanza non è pervenuto nulla», ha concluso la Regione due anni fa, finanziando con 1.651.700 euro la progettazione preliminare della cassa da 55,3 milioni. Le prime proposte sono attese per l’inizio del 2024, più o meno in contemporanea al verdetto del Tsap.
L’INCOLUMITÀ
In questi giorni, però, il sindaco Tormena ribadisce la contrarietà degli 8 Comuni: «È prevista la realizzazione nell’alveo del fiume, cioè non fuori come negli altri casi, di un bacino che sarebbe quasi come la somma di tutte le altre casse di laminazione fatte in Veneto». A ruota, la petizione promossa dal Comitato per la tutela delle Grave di Ciano contesta un «progetto obsoleto e distruttivo» che, su «555 ettari», prevede «la costruzione di 13,5 chilometri di muri in cemento armato alti fino ad 8 metri». L’assessore Bottacin non ci sta: «Sono argomentazioni pretestuose. Ai progettisti abbiamo dato indicazione di garantire il basso impatto ambientale e di prevedere meno scavi possibili. Non è vero che la cubatura sarà pari a quelle di tutti gli altri bacini, dove peraltro non sono mai stati alzati muri di metri». È leghista pure Paola Roma, prima cittadina di Ponte di Piave, zona rossa anche durante l’ultimo evento di piena: «Abbiamo dovuto portare fuori le persone, perché la nostra priorità è l’incolumità dei cittadini. Insieme alla Regione, a Rete ferroviaria italiana e al Genio civile, abbiamo effettuato diversi interventi di pulizia per migliorare il deflusso delle acque, visto che tra i nostri due ponti il carattere del Piave passa da torrentizio a fluviale. Ma al di là delle azioni di manutenzione, servono gli interventi strutturali come dice l’Autorità di bacino».
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Il Gazzettino