Petizione a Putin per la nave colpita da una bomba, bloccata nel porto di Mariupol e destinata a Monfalcone

La Tzarevna è carica di semilavorati siderurgici destinati a un'acciaieria di San Giorgio di Nogaro. Le acque del Mar d'Azov sono minate

Navi russe nel Mar d'Azov davanti a Mariupol
TRIESTE - La nave si chiama Tzarevna, batte bandiera maltese e non ha italiani nell'equipaggio, ma è della compagnia Vulcania, della genovese Fratelli...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

TRIESTE - La nave si chiama Tzarevna, batte bandiera maltese e non ha italiani nell'equipaggio, ma è della compagnia Vulcania, della genovese Fratelli Cosulich, ed è bloccata dall'inizio del conflitto nel porto di Mariupol con un carico di bramme da portare in Italia. «È stata colpita da una bomba che però per fortuna ha fatto pochi danni - spiega Augusto Cosulich, amministratore delegato del gruppo -. Il problema non è tanto il bombardamento, il porto è stato abbastanza risparmiato, ma il mare d'Azov è pieno di mine e non si può uscire, ci vuole un percorso per uscirne. Stiamo cercando, insieme ad altre 4 o 5 navi che sono lì, attraverso una petizione inviata al ministero russo, a quello italiano e ad altri ministeri che riguardano i proprietari delle altre navi, di ottenere uno spazio per uscire. Vogliamo tutti uscire, anche perché il nostro equipaggio, una ventina di persone, adesso ha


ancora da mangiare e da bere per un po', ma c'è preoccupazione. Aspettiamo con fiducia».

L'imprenditore non alza i toni e non perde l'ottimismo, mentre cerca una soluzione per far rientrare la nave, diretta al porto di Monfalcone, che porta un carico di bramme d'acciaio, semilavorati siderurgici prodotti dall'ucraina Metinvest, destinati al mercato italiano. «Una parte è destinata al nostro impianto siderurgico, la Tecnosider, un laminatoio a San Giorgio di Nogaro dove produciamo 400 mila tonnellate di lamiere da treno ogni anno e dove la materia prima proveniva appunto dall'Ucraina - spiega ancora Cosulich -. Ora dovremo acquistarla altrove. Siamo riusciti a trovarla dal Brasile, dall'Indonesia e dalla Cina, e per fortuna abbiamo materiale fino a giugno, ma se arrivasse anche la quantità che aspettiamo con la nave sarebbe positivo».

La guerra in Ucraina, quindi, per la Fratelli Cosulich colpisce su due fronti, quello della nave bloccata e dello stabilimento siderurgico. Ma Augusto Cosulich conta che tutto si sblocchi presto. «Per adesso dobbiamo aspettare e vedere quando potremo muovere la nave» commenta.

Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino