Peste suina, allarme e appello agli allevatori: «Segnalate immediatamente i maiali morti»

Un allevamento di maiali
PORDENONE - Nel mezzo dell’emergenza sanitaria per il coronavirus rischia di aumentare anche l’allerta per la peste suina africana. Un’altra possibile emergenza...

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PORDENONE - Nel mezzo dell’emergenza sanitaria per il coronavirus rischia di aumentare anche l’allerta per la peste suina africana. Un’altra possibile emergenza sanitaria (in particolare dopo il caso della carne di Padova di alcuni giorni fa) che però - è bene precisarlo subito - riguarda un virus che non colpisce l’uomo. Ma rischia di mettere in ginocchio un intero comparto, quello degli allevamenti suinicoli molto sviluppato in regione e in particolare nel Friuli occidentale. Sul fronte della prevenzione, a livello locale, c’è una notizia rassicurante. Il piano di abbattimento preventivo di 250 capi di femmina di cinghiale effettuato lungo la fascia territoriale di confine con la Slovenia (altrettanti capi sono stati abbattuti oltre confine dalle autorità slovene) si è concluso in tempi molto più celeri rispetto al previsto (doveva chiudersi il 31 marzo). Ma soprattutto, dalle analisi a campione effettuate sugli animali selvatici abbattuti in regione, non è emerso alcun caso di animale infetto.

L’allarme comunque non cala. C’è preoccupazione poiché in Europa dell’Est l’area in cui ci sono focolai di peste suina africana si sta leggermente ampliando. L’ultimo focolaio riscontrato è in Moldavia. Oltre a quelli già presenti e noti in Ungheria e in Polonia (in quest’ultimo caso alcuni focolai si troverebbero vicino al confine con la Germania). Mentre non sono stati confermati i casi di possibili focolai in Austria e in Croazia. In entrambi i casi non ci sarebbe stata evidenza dagli esami di laboratorio.

GUARDIA RESTA ALTA

La guardia resta comunque molto alta. Nel territorio del Friuli occidentale sono presenti oltre sessanta allevamenti di suini (di diverse dimensioni) con circa 120 mila capi. Una presenza data dal vicino distretto dei prosciuttifici del quale una buona di parte di impianti pordenonesi (soprattutto quelli più grandi) sono fornitori. Il settore veterinario e della salute animale dell’Azienda sanitaria del Friuli occidentale già da settimane sta continuando in un’attività di monitoraggio e di controllo al fine di rafforzare le procedure di bio-sicurezza. Viene anche svolta un’attività di monitoraggio e di informazione - oltre che degli impianti industriali e più grandi dove però esiste una filiera codificata dei controlli - sugli allevamenti più piccoli e per l’autoconsumo. Anche se quest’ultima attività è più stagionale e il mese di febbraio è quella che segna la fine dell’attività. In ogni caso, dal vertice della direzione veterinaria l’appello è ad avvisare immediatamente l’autorità sanitaria locale (cioé l’Azienda sanitaria) nel caso di morte di qualche capo di suino. In modo che si possano immediatamente avviare tutte le verifiche sanitarie necessarie per accertare l’eventuale presenza del virus. «Nessun allarmismo - spiegano dal vertice del settore veterinario dell’Asfo - ma stiamo facendo una capillare informazione tra gli operatori del settore che sono ben consci della situazione e della necessità di collaborazione. Rafforzare le misure di bio-sicurezza e prendere alcune precauzioni nel caso in cui si torni dai Paesi in cui c’è l’infezione con carni o insaccati: i resti vanno smaltiti in modo corretto e non in modo che possano essere accessibili ai cinghiali selvatici». Inoltre, l’altro grave problema - lo si è visto con il caso di Padova di alcuni giorni fa - è quello della carne che arriva in Italia da canali non regolari e fuori dalle filiere del controllo. E la richiesta di controlli stringenti affinché in Italia non arrivino prodotti a rischio è stata avanzata anche dalla Coldiretti di Pordenone. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino