Le vongole sono finite, mangiate dal granchio blu. I pescatori fermano la raccolta: «Siamo al collasso»

La manifestazione dei pescatori a Venezia, in gennaio
PORTO TOLLE - Le vongole sono finite. Era inevitabile che prima o poi succedesse, ma ora è arrivato lo stop definitivo alla raccolta di molluschi nelle lagune di...

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PORTO TOLLE - Le vongole sono finite. Era inevitabile che prima o poi succedesse, ma ora è arrivato lo stop definitivo alla raccolta di molluschi nelle lagune di Porto Tolle. Venerdì scorso si sono riunite le 14 cooperative che fanno parte del consiglio di amministrazione del Consorzio pescatori del Polesine che hanno deciso di fermare la pesca in tutte le lagune. Il presidente Luigino Marchesini spiega: «A raccogliere le vongole andavano solitamente metà delle nostre coop. Peccato che a differenza dei 330 quintali giornalieri che venivano pescati in condizioni di normalità delle nostre lagune, si fosse arrivati a raccogliere una media giornaliera di 7-8 quintali fino a massimo 15, quando lasciavamo andare tutte le coop. Cifre infinitamente piccole, minuzie rispetto alla nostra produzione standard. Siamo però arrivati al punto in cui non c’è più nulla e non sappiamo più cosa fare».

Lo scorso 23 gennaio c’era stata una manifestazione organizzata proprio dal Consorzio con a fianco Regione, Comune e associazioni di categoria per chiedere ancora una volta la proclamazione dello stato di calamità, ma finora la gente del Delta non ha ottenuto risposta.

«Sono passati ormai 20 giorni dalla manifestazione che ci ha visti sfilare in modo pacifico a Venezia – continua Marchesini – e la situazione non è cambiata, anzi posso affermare che è decisamente peggiorata, tanto che durante l’ultimo cda abbiamo deciso di sospendere completamente la pesca nelle lagune che sono al collasso definitivo. Cosa dobbiamo fare per essere ascoltati? Visto che siamo inquadrati come allevatori, quindi agricoltori, forse dovremmo accodarci alla protesta dei trattori magari potremmo avere più fortuna». 

APPELLI INASCOLTATI

È da luglio che nel Delta del Po i pescatori chiedono aiuto, segnalando che prima o poi sarebbero finite le scorte a causa della voracità del granchio blu. Un primo drammatico segnale in tal senso si era già avuto in autunno, con un calo vertiginoso della raccolta, poi confermato con un meno 80 per cento nella produzione di dicembre, mese da sempre più florido per i comparto ittico. A poco è servito in estate l’immediato stanziamento 2,9 milioni di euro (di cui al Consorzio deltino sono arrivati appena 350mila euro) per lo smaltimento del granchio blu raccolto, bisognerà vedere quanti degli ulteriori 10 milioni stanziati per la semina, sempre dal ministero dell’Agricoltura, arriveranno nell’estremo Delta. 
«Il 16 febbraio apriranno i termini per il fondo messo a disposizione dal Masaf – evidenzia Marchesini –. Un bando però aperto a tutta Italia per cui non sappiamo quante domande arriveranno, certamente sarà un piccolo aiuto e non andrà a risolvere la situazione. Abbiamo bisogno che sia dichiarato lo stato di calamità al più presto per dare un aiuto concreto alle famiglie dei nostri pescatori. È necessario sospendere i mutui, risolvere la questione previdenziale, perché la nostra gente non ce la fa davvero più».

PUNTO DI NON RITORNO



Come a dire che si è superato il punto di non ritorno con conseguenza un’emergenza sociale che rischia di mandare in tilt non soltanto il Consorzio, ma tutto un territorio che attorno a quell’economia orbita. «Da gennaio – conclude il presidente – è iniziata la cassa integrazione per i dipendenti del Consorzio, lo stesso stanno facendo anche le cooperative. La presenza del granchio blu è ancora abbondante impedendoci di programmare una semina maggiore di quella che abbiamo iniziato. Ormai mi sento come un disco rotto che ripete sempre le solite cose, ma qui c’è bisogno di risposte, tra le altre cose serve un piano di cattura con un fondo apposito così da incentivare la pesca e garantire un’entrata dignitosa ai pescatori che chiedono solo di poter lavorare. Nessuno vuole l’elemosina, sono sette mesi che lo dico, qui abbiamo bisogno di sostegno per portare avanti quella che è una vera e propria guerra che sta distruggendo una delle aziende più floride non solo del Polesine, ma del Veneto e dell’Italia tutta». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino