Riccardo Cucchi e la magìa delle radiocronache al Panathlon

Riccardo Cucchi e la magìa delle radiocronache al Panathlon
«In tv, la parola è solo didascalia di un'immagine. Alla radio è sostanza del racconto. Il vero lavoro lo fate voi ascoltatori, con la creatività:...

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«In tv, la parola è solo didascalia di un'immagine. Alla radio è sostanza del racconto. Il vero lavoro lo fate voi ascoltatori, con la creatività: se siamo bravi, noi radiocronisti possiamo solo aiutarvi a immaginare quel dribbling o quella rovesciata». Quanti dribbling, rovesciate, gol segnati o mancati, i tifosi italiani si sono figurati nella mente, come se li avessero davanti agli occhi, grazie alle parole di Riccardo Cucchi. Per oltre tre decenni voce di Tutto il calcio, minuto per minuto, sette Mondiali e otto Olimpiadi narrati dai microfoni di Rai Radio Uno, occupandosi pure di basket, atletica, canottaggio, canoa e, soprattutto, scherma, Cucchi, romano, 66 anni, è stato ospite l'altra sera, del Panathlon di Treviso e del suo presidente Andrea Vidotti: la presentazione del suo libro Radiogol. Trentacinque anni di calcio minuto per minuto, è stata l'occasione per una panoramica su pallone e sport. Con giudizi acuti, ironia e, perché no, un pizzico di nostalgia, per un «calcio non migliore, certamente più poetico».

Come non cominciare dalla mitica trasmissione? Con i collegamenti simultanei importati da Gugliemo Moretti, nel 1959, dalla Francia («Ma lì parlavano anche di rugby e ippica»). E con quel titolo, idea di Sergio Zavoli, diventato proverbiale. «Trasmetteva solo i secondi tempi ed era l'unica fonte di informazione sulle partite». E da maestri come Ameri, Bortoluzzi e, soprattutto Ciotti. «Per imparare il mestiere, noi giovani li dovevamo seguire ascoltando in cuffia, in silenzio. Al massimo tenevamo il conto degli angoli». Di Ciotti, Cucchi è stato l'erede come prima voce a Tutto il calcio, dal 1994, e radiocronista della Nazionale. «Diceva che la voce roca gli era venuta dopo essere stato per ore al freddo e alla pioggia. Non è vero, l'aveva sempre avuta così, ma ha saputo fare di questo difetto' un segno distintivo, grazie alla competenza e alla cultura. Poteva aprire una cronaca parlando di ventilazione inapprezzabile' e chiuderla con Ha arbitrato Concetto Lo Bello davanti a 60mila testimoni». Per arrivare all'oggi. Il Var? «Le partite sono riprese da 24 telecamere. L'arbitro non poteva essere l'unico a non avere un monitor. Ma ha anestetizzato il calcio: prima di esultare per un gol, bisogna attendere tre minuti». Wanda Nara? «Temo sia criticata tanto perché è donna, e per giunta bella. Mino Raiola è più insidioso». La prima volta prese la linea in un Campobasso-Fiorentina di Coppa Italia. E' intervenuto anche dal Tenni, quando il Treviso era in A. L'ultima radiocronaca, il 12 febbraio 2017, Inter-Empoli. Solo allora ha rivelato di tifare Lazio: «Enzo Biagi diceva che il giornalista è un testimone della realtà. Come si può essere testimoni affidabili, se si è di parte?»
Mattia Zanardo Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino