Pensioni, il taglio della rivalutazione mazzata già dall'assegno di aprile

Pensioni, il taglio della rivalutazione mazzata già dall'assegno di aprile
TREVISO -  La prima, brutta sorpresa l'ha già riservata l'assegno di aprile, giunto decurtato. Il secondo dispiacere arriverà ad inizio estate, quando...

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TREVISO -  La prima, brutta sorpresa l'ha già riservata l'assegno di aprile, giunto decurtato. Il secondo dispiacere arriverà ad inizio estate, quando dovranno essere restituite la maggiorazioni ricevute nella prima parte dell'anno. Sono oltre 366mila, in Veneto, le pensioni interessate al taglio della rivalutazione: ovvero quelle superiori a tre volte il trattamento minimo (1.522 euro lordi, all'incirca 1.200 netti) e dunque, soggette ad ricalcolo dopo gli ultimi cambiamenti normativi in materia. La quota più consistente, 77.670, riguarda la provincia di Venezia, seguita da Padova, dove si sfiorano le 68mila, e Verona, sopra le 65.500 pensioni erogate. Anche nel Vicentino e nella Marca Trevigiana, comunque, la platea oltrepassa le 60mila unità. I numeri, è bene ricordarlo, si riferiscono alle pensioni erogate dall'Inps e ci può essere una discrepanza con i beneficiari fisici: una persona, infatti, può ricevere più di un trattamento previdenziale (si pensi ad esempio alla reversibilità del coniuge defunto), che si cumulano ai fini della perequazione. 


IL MECCANISMO In media, comunque, su scala regionale, è coinvolto un pensionato su quattro totali. Cosa succede? Dopo che la riforma Fornero aveva bloccato l'adeguamento delle pensioni al tasso d'inflazione, ad esclusione di quelle più basse, il governo Letta aveva invece stabilito una parziale ripresa del meccanismo a partire dal primo gennaio 2019. L'ultima legge di Bilancio, tuttavia, ha ridotto, in misura variabile secondo un complesso sistema di scaglioni, le percentuali di incremento concesse. Nel frattempo, però, l'Inps aveva già ricalibrato le erogazioni verso i suoi assistiti: le pensioni a gennaio, febbraio e marzo, pertanto, sono state pagate con la rivalutazione piena. Ora, rifatti i conti, ecco le mensilità in base ai nuovi criteri previsti. Individualmente, si tratta di tagli tutto sommato contenuti per la maggioranza degli interessati: pochi centesimi al mese per le pensioni tra 1.500 e 2mila euro lordi, qualche euro per chi riceve un trattamento fino a 2.500 euro lordi, una decina di euro fino a 3mila e così, via a salire. Più precisamente, i trattamenti da tre a quattro volte il minimo (da 1.522,26 a 2.029,68 euro lordi) saranno diminuite, nel complesso, di circa 15 euro all'anno per prossimi tre anni, per quelli fino a 2.537,10 il dietrofront sulla perequazione può raggiungere i 140 euro annui nel triennio, mentre per le pensioni di entità ancora superiore la sforbiciata si aggira intorno ai 350 euro all'anno. Dal 2021 in poi, fermi restando gli attuali parametri, il taglio dovrebbe salire ancora. 
I SINDACATI All'eventuale obiezione che, in fondo, si tratta di cifre non astronomiche, Paolino Barbiero, segretario generale dello Spi Treviso, il sindacato dei pensionati della Cgil, replica allargando il ragionamento ad un periodo più ampio: «Se consideriamo quanto ha pesato il mancato adeguamento dal 2011, quando è entrata in vigore la Fornero, a fronte di un costo della vita in costante aumento, i pensionati, a seconda dei casi, hanno perso dai 10 ai 15mila euro a testa e altri ne perderanno nei prossimi anni, senza possibilità di recuperarli». 

L'organizzazione di categoria, oltre 41mila iscritti nella Marca, ha dato vita ad una protesta, il primo aprile, in piazza dei Signori, con la presenza anche di Antonio Pellegrino, del Dipartimento previdenza Spi Cgil nazionale, e Giuseppe Di Girolamo, della segreteria veneta. E oltre al danno, i pensionati attendono anche la beffa, perché tra giugno e luglio, l'ente previdenziale inizierà a chiedere indietro le somme percepite nei primi tre mesi: in media il conguaglio, secondo le stime dello Spi, andrà da venti a cento euro. «I pensionati continuano ad essere considerati un bancomat da ogni governo rincara ancora Barbiero - L'attuale esecutivo aveva annunciato di voler abolire la Fornero, invece, non solo non l'ha fatto, ma ha tagliato a sua volta. Non dimentichiamolo: stiamo parlando di persone che hanno versato quarant'anni di contributi e, tra l'altro, hanno permesso di mantenere le pensioni sociali di chi i contributi non li ha versati». 

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Il Gazzettino