Foto porno con minori: arrestato gelataio di Mestre, nel suo computer 800 immagini choc

Un agente della polizia postale durante una ricerca nel web
MESTRE - Bambini e bambine. Piccoli, tutti comunque minorenni. Ripresi e fotografati nelle parti intime o durante rapporti a cui qualcun altro li aveva obbligati per alimentare il...

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MESTRE - Bambini e bambine. Piccoli, tutti comunque minorenni. Ripresi e fotografati nelle parti intime o durante rapporti a cui qualcun altro li aveva obbligati per alimentare il mercato della pedopornografia e il dark web. Ed è navigando in chat criptate e in siti internet semisconosciuti - se non a un determinato pubblico - che la polizia postale del Veneto è arrivata ad un sessantenne gelataio, residente a Favaro e ora ai domiciliari a casa della madre: arrestato e accusato dalla procura di Venezia di detenzione di materiale pedopornografico. Nel suo computer - ora al setaccio da parte degli agenti della scientifica - la postale ha trovato ottocento immagini di bambini e sesso. L’uomo comparirà domani in tribunale per l’udienza di convalida dell’arresto e potrà provare a difendersi anche se ad inchiodarlo ci sono i file registrati e diventati il perno attorno al quale far ruotare il fascicolo d’indagine.


IL CONTROLLO
La lente d’ingrandimento della polizia postale si è posata su di lui perché il suo nome, o meglio il suo nickname con il quale girava siti e chat, compariva nei controlli incrociati che vengono eseguiti degli agenti per smembrare i canali di smercio di foto di bambini ritratti nel fare sesso. Le indagini, adesso, cercheranno di capire quali siano stati i canali di approvvigionamento dell’uomo per risalire così alla fonte, anche se spesso sono reti transnazionali e il lavoro della postale è in concerto con le polizie di altri Paesi e non sempre si arriva a mettere le mani su chi diffonde o scatta le immagini e registra i video. Di più, intanto, sull’inchiesta che ha portato all’arresto del sessantenne gelataio, non è dato sapere per il silenzio imposto dal procuratore capo di Venezia, Bruno Cherchi, a chi svolge le indagini anche in caso di notizie di interesse o allarme sociale. 


IL PRECEDENTE


Venezia, nonostante in questo caso sia la procura di riferimento per territorialità del fatto (le immagini sono state scoperte nel computer del sessantenne, nella sua casa di Favaro) è la procura competente anche su tutto il Veneto in quanto sede di distrettuale, che ha giurisdizione sui reati informatici, come questo. Il caso più eclatante era stato quello che nel marzo 2020 aveva coinvolto un papà trevigiano, arrestato per aver venduto online le foto che riprendevano gli abusi sessuali da lui fatti sulla figlia di due anni, immagini finite poi su siti pedopornografici australiani. La polizia australiana aveva segnalato la fonte ai colleghi italiani quando le immagini della bambina erano diventate tra le più clikkate nelle chat di pedopornografia. Davanti al giudice l’uomo aveva ammesso di averlo fatto, spinto anche dagli stessi frequentatori delle chat. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino