Chi gestirà il Pd veneto da qui al congresso anticipato d’autunno dopo la sospensione dell’appuntamento che era già convocato per il 3 luglio? È...
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Sarebbe questo il frutto in via di maturazione, forse già in settimana, di un doppio "patto". Il primo, tra i segretari provinciali (Erika Dal Farra, Belluno, Massimo Bettin, Padova, Julik Zanellato, Rovigo, Lorena Andreetta, Treviso, Gigliola Scattolin, Venezia, Alessio Albertini, Verona, Veronica Cecconato, Vicenza), nel segno della compattezza e dello stop al tourbillon di polemiche e faide. Il secondo patto, tra gli stessi segretari e Renzi-Guerini a cui i sette veneti offrono un approdo finalmente unitario: un patto uscito rafforzato dal nuovo incontro che c’è stato giovedì. Più dei parlamentari veneti, che nell’ultimo anno post-crollo elettore (Regionali 2015) non sono riusciti a trovare l’accordo su un "traghettatore" (per la paura di dare troppo ruolo e potere a qualcuno), in questo momento sono i provinciali ad avere recuperato centralità politica. Lo conferma il comunicato unitario, firmato da tutti e sette, reso noto ieri: «Condividiamo un’assunzione diretta di responsabilità politica e organizzativa chiedendo al partito nazionale di garantire una necessaria funzione di coordinamento e indirizzo». Ed ancora: «Abbiamo concordato di agire nella massima unità e lealtà tra noi segretari» a prescindere dalle correnti, e «invitiamo tutti a non indugiare nelle polemiche e in modalità che rischiano di complicare le cose».
A questo punto, chi potrebbe essere il coordinatore del Pd veneto? Tre i papabili. Guerini, che però è già superimpegnato oppure un suo delegato. La donna in questione è Francesca Puglisi, responsabile scuola. L’uomo invece è il deputato Gianclaudio Bressa, già sindaco di Belluno e sottosegretario agli Affari regionali. Il nome di Bressa - sempre che accetti - potrebbe però trovare resistenze negli ambienti veneti che vogliono occuparsi di autonomia con libertà nella regione in cui a comandare è Zaia e non Renzi, dato che in materia di riforme porta avanti la linea del governo.
Di certo la settimana appena finita è stata movimentata. Lunedì la direzione veneta ha preso atto della circolare di sospensione del congresso firmata da Guerini e chiesto agli eletti e ai segretari provinciali di riflettere per vedere come poter gestire la fase, in una situazione sfibrata. Nelle succesive 48 ore i sette provinciali si incontrano e producono un documento in cui chiedono subito un incontro a Guerini. Che ha luogo, nella discrezione, giovedì. Lì i provinciali danno garanzie politiche sull’impegno a muoversi in un coordinamento continuo con Roma facendo della ritrovata compattezza una certezza, ma chiedendo anche alla segreteria nazionale di farsi carico del coinvolgimento e della mediazione con i parlamentari veneti. Oltre che a Guerini, chiamato a "istruire la pratica", la proposta è stata consegnata al premier Renzi mentre era in volo per il Giappone. Venerdì, invece, Guerini riceve l’appello-lettera dei Giovani Turchi veneti in cui si sollecita l’invio di un commissario forte per «far uscire il Pd da uno stati di immobilismo pericoloso». Una sortita che avrebbe "urticato" il vertice nazionale per il rischio di riaprire il balletto tra correnti. Il caso ha voluto, infine, che ieri sia il premier che Guerini fossero in Veneto: il primo alla Biennale, il secondo a Bassano, alla festa del tesseramento, occasione in cui ha brevemente riparlato con alcuni provinciali. Non resta che attendere il verdetto: Renzi lo emetterà a breve.
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Il Gazzettino