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VIDOR - Litiga con il suo cliente e non impugna la sentenza in Appello. Così la condanna passa in giudicato e il suo assistito si trova a dover scontare 3 anni e 6 mesi di carcere. Ma la presunta "ripicca" legata a questioni economiche inguaia anche l'avvocato, finito a processo con l'accusa di patrocinio infedele. «Mi stai sui c... e non hai pagato la parcella» sarebbe, in sintesi, la motivazione fornita al cliente, che ha registrato la conversazione e presentato denuncia in procura. Protagonista della clamorosa vicenda è un penalista trevigiano piuttosto noto, che ha lo studio nel capoluogo. Il pm Daniela Brunetti, concluse le indagini preliminari, ha disposto la citazione diretta a giudizio. La prima udienza si terrà il 10 gennaio del prossimo anno. In quell'occasione il legale, difeso dal collega Vincenzo Arcidiacono, si troverà in aula in una posizione inedita: quella di imputato. Non solo: parallelamente al procedimento penale, l'Ordine degli avvocati ne ha aperto anche uno disciplinare. Il patrocinio infedele, oltre a essere un reato, è anche una violazione del codice deontologico. Il professionista che la commette rischia addirittura la radiazione.
LA VICENDA
La vicenda ha dell'incredibile. Nel 2018 l'avvocato difendeva un imprenditore castellano accusato di una bancarotta fraudolenta. Il processo in primo grado si era concluso con una sentenza sfavorevole all'imputato. L'uomo era stato condannato a 3 anni e 6 mesi di carcere. Poco male, verrebbe da dire: c'è sempre il secondo grado e poi, in caso anche il terzo per sperare di ribaltare l'esito o di ottenere una sentenza più favorevole. Ma non stavolta. A gennaio del 2019 il cliente aveva ricevuto l'ordine di esecuzione del dispositivo. Sentenza rispetto alla quale, peraltro, non era stata presentata la domanda di accedere a una pena alternativa. Insomma è come se il legale, di punto in bianco, avesse smesso di curare gli interessi del proprio assistito. Contrariamente a quanto impone la deontologia professionale. L'imprenditore, ritenuto colpevole di bancarotta, scopre quindi che lo aspettano in carcere perché la sentenza, non essendo stata impugnata in Appello, è passata in giudicato.
I PROCEDIMENTI
Prove alla mano, il presunto bancarottiere ha denunciato il suo stesso legale. A innescare la vendetta dell'avvocato sarebbero stati quindi motivi economici. Uniti, probabilmente, al fatto che i rapporti si erano fatti sempre più tesi. Adesso l'avvocato si trova a dover affrontare le conseguenze della sua condotta: da un lato il processo penale, dall'altro il procedimento disciplinare da parte dell'Ordine. In entrambi i casi avrà l'occasione di raccontare la propria versione dei fatti.
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Il Gazzettino