Veleni in Patriarcato, a processo tredici fedeli dell'ex sacerdote D’Antiga

Massimiliano D’Antiga nel giorno della sua ultima celebrazione nella chiesa di San Zulian
VENEZIA - Le loro firme erano in calce a una ventina di lettere-testimonianze portate dall’allora don Massimiliano D’Antiga, parroco di San Zulian e San Salvador, ai...

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VENEZIA - Le loro firme erano in calce a una ventina di lettere-testimonianze portate dall’allora don Massimiliano D’Antiga, parroco di San Zulian e San Salvador, ai carabinieri. Lettere che servivano a puntare il dito contro Alessandro Tamborini, grande accusatore dell’ex rettore delle due chiese: secondo loro Tamborini avrebbe disturbato le funzioni e reso insopportabile la vita a don D’Antiga, rimosso dal patriarca l’8 dicembre 2018 e ora ridotto allo stato laicale dal Vaticano.


LA DECISIONE


Accuse che saranno il perno di un processo civile nei confronti di tredici fedeli delle due parrocchie citati a giudizio dall’avvocato di Tamborini, Silvia Trevisan, dopo che era fallito qualsiasi tentativo di accordo. Tra i fedeli a processo anche Enrico Di Giorgi, accusato dalla procura di essere il corvo che per mesi ha messo alla berlina il Patriarcato con volantini che portavano, tra calli e campi di Venezia, fantomatici oscuri segreti nelle vite dei sacerdoti più vicini agli alti prelati della curia di San Marco. Vicenda per cui questa mattina Di Giorgi, insieme a Gianluca Buoninconti, sono in aula in tribunale.


LA VICENDA


Tutto inizia il 4 ottobre 2017, quando lo scandalo scoppiato con la rimozione del sacerdote è ben al di là da venire. Secondo le accuse depositate da D’Antiga, quel giorno Tamborini avrebbe turbato lo svolgimento di una funzione religiosa. Nello specifico «al termine della messa, nella processione dall’altare del Santissimo all’altare della Madonna il Tamborini sfidava la processione camminando in senso inverso, a voler impedire che questa raggiungesse l’altare della Madonna». A corroborare la tesi, ecco le lettere dei fedeli. Ma quelle lettere - accusa Tamborini - erano state usate dal presule come stampelle alle sue tesi, tanto che da alcuni firmatari erano poi arrivate scuse. D’Antiga aveva portato in caserma le lettere facendole inserire nel fascicolo d’indagine quando era stato interrogato dai carabinieri come persona informata sui fatti nelle pieghe dell’inchiesta penale nata dalle sue denunce contro Tamborini, all’epoca indagato per interruzione di funzione religiosa. Le riprese depositate dalla difesa del fedele dimostravano come quel giorno Tamborini era in chiesa, ma in un angolo. Di fronte alle immagini era arrivata l’archiviazione.

 

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Il Gazzettino