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PORDENONE - Cent’anni fa nasceva Pier Paolo Pasolini e, a partire dal Friuli, l’omaggio reso all’intellettuale, poeta, scrittore e regista ha attraversato l’Italia intera. A Pordenone non è sempre stato così, basta guardare alla primavera del 1989: 33 anni fa, ma sembra ieri. Nel giro di qualche mese i tedeschi avrebbero preso a picconate il muro di Berlino, mentre in riva al Noncello, a pochi chilometri dalla pasoliniana Casarsa, la città si divide sull’intitolazione dell’ancora anonimo “Liceo ginnasio statale di Pordenone”. Tra Virgilio e Seneca spunta il nome di Pasolini. A proporlo, come riportano le cronache di allora, è Carlo Vurachi, professore di italiano e latino. In molti lo appoggeranno, ma quel nome è ancora scomodo, un nome di cui vergognarsi, provare imbarazzo e perfino repulsione. Ed è così che nella Pordenone di fine anni Ottanta, ancora bigotta e benpensante, il dibattito si fa infuocato. Ad accendere la miccia sono due allieve degli ‘70: le ex compagne di classe Maria Antonia Pili, allora avvocato praticante e Daniela Pillon, giovane insegnante.
LA BATTAGLIA
Coinvolgono un’ottantina di ex allievi e cominciano una battaglia contro il moralismo «stantio e arrogante» coinvolgendo anche nomi importanti della cultura italiana. «La diversità di Pasolini non ci turba più di quella di Leonardi», scrivono in una lettera firmata da ex allievi diventati avvocati, giudici, manager e insegnanti. Tutti si oppongono alla decisione del Collegio dei docenti che sta per orientarsi verso i classici della cultura. Nasce un comitato promotore composto dagli ex allievi che non tollerano che Pasolini venga presentato soltanto come un «corruttore». Interviene anche la Cgil, a cui poco importa come si chiamerà il liceo, ma ai pordenonesi ricorda che la città ha «debiti pesanti verso» il poeta processato dal Pci ed espulso per immoralità e verso l’intellettuale che «ha pagato fino in fondo la sua diversità». Nella nota inviata ai giornali il sindacato concluse dicendo che gli sembra «strano» questo Friuli Venezia Giulia», dove a Trieste vescovo e politici scrivono lettere a favore di un pedofilo, «invece a Pordenone si indicono crociate contro un uomo che la città ha imparato ad amare e capire».
L’OMAGGIO
Pili e Pillon intanto sono inarrestabili.
LE REAZIONI
In campo scende anche don Renato De Zan, insegnante di religione al liceo che si opponeva fermamente all’intitolazione della scuola. E mentre sulle colonne del Gazzettino le vignette di Marina Pitter mostrano i benpensanti imparruccati che davanti alla statua di Pasolini in versione sommo poeta gli rendono omaggio nascondendo dietro le spalle la spada con cui lo hanno appena fatto a pezzi, a scuola spunta un questionario che, fosse oggi, sarebbe diventato la più virale tra le notizie. Fa parte della campagna anti Pasolini. Le domande spingono i ragazzi a giudicare le inclinazioni sessuali di Pasolini, la «devianza» e a interrogarsi sulla «corruzione» dei minori. Sui giornali le lettere sono sempre più numerose. Tra le tante c’è quella di un ex allievo: «Questo liceo - scrive - non si merita il poeta di Casarsa». E in considerazione della grandezza di Pasolini, si chiede se sia «appropriato darne il nome a un liceo piccolo piccolo qual è stato ed è» quello di Pordenone.
LEOPARDI
A rileggere gli articoli pubblicati nel 1989, fa sensazione leggere il risultato delle votazioni. Il preside era il professor Angelo Luminoso, oggi alla soglia dei cent’anni. «Sì ricordo - afferma - Eravamo in 19 nel Consiglio di istituto e la maggioranza votò per Leopardi». Il poeta di Recanati, in piena bagarre, ebbe una rimonta impensabile. Il Collegio docenti aveva infatti posto sul piedistallo Virgilio con 21 voti, dandone 13 a Leopardi. Al Consiglio di istituto (un componente era assente) in 12 scelsero Leopardi e in 6 Pasolini. C’erano altri tre nomi nella cinquina: Virgilio, Seneca e Primo Levi. «Anche Levi zero voti... Incomprensibile», mormora amareggiata l’avvocato Pili riguardando i risultati. L’intitolazione è decisa, il Comitato non avrà raggiunto l’obiettivo, ma la mobilitazione ha scosso coscienze e mondo della cultura. Il sipario cala con l’arguzia di Marina Pitter nella sua vignetta conclusiva. Pasolini brucia all’inferno, su una nuvola passano Leopardi e l’amico Ranieri. «Tra me e te - gli dice Leopardi - c’è la differenza che tu hai raccontato la verità e così ti sei giocato il Paradiso, i benpensanti e il liceo classico». Maria Antonia Pili ancora oggi non molla, non sarebbe da lei, e chiude leggendo proprio Pasolini: «Io profetizzo l’epoca in cui il nuovo potere utilizzerà le vostre parole libertarie per creare un nuovo potere omologato, per creare una nuova inquisizione, per creare un nuovo conformismo e suoi chierici saranno chierici di sinistra».
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Il Gazzettino