Veneto, perse 32mila partite Iva in 5 anni, la Cgia: «E col Covid si prevede un altro calo»

La sede Cgia
Sono agricoltori, artigiani, esercenti, piccoli commercianti e liberi professionisti non iscritti alle casse. Costituiscono la gran parte del mondo del lavoro autonomo, la...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

Sono agricoltori, artigiani, esercenti, piccoli commercianti e liberi professionisti non iscritti alle casse. Costituiscono la gran parte del mondo del lavoro autonomo, la categoria professionale che è stata la più colpita dal Covid.

Nel quinquennio esaminato in questa analisi, questo popolo di microimprenditori si è decisamente assottigliato: all’appello, in Veneto, ne mancano 31.798. Se a febbraio 2015 lo stock complessivo ammontava a 414.034, a dicembre 2020 (ultimo dato disponibile) è sceso a 382.236 unità (-7,7 per cento). L’Ufficio studi della Cgia che ha elaborato i dati occupazionali presentati nei giorni scorsi dall’Istat.

Sempre in questo arco temporale, a livello provinciale la situazione più critica si è registrata a Rovigo, con una contrazione percentuale del numero degli autonomi di 11 punti. Seguono Vicenza (-9,5 per cento), Belluno e Verona (- 9,1 per cento), Padova (-6,8 per cento), Venezia (-5,9 per cento) e Treviso (-5,6 per cento). In tutte le province è stato molto deciso il ridimensionamento del numero degli artigiani e commercianti, mentre in tutte le 7 realtà provinciali il numero del professionisti con gestione separata Inps (ovvero senza cassa) sono in aumento.

Nonostante non vi siano ancora i dati di dettaglio, la crisi pandemica e le conseguenti limitazioni alla mobilità, il calo dei consumi, le tasse e l’impennata del costo degli affitti  hanno peggiorato una situazione di per sé molto deteriorata. Negli ultimi mesi, inoltre, si è fatto sentire anche il caro energia. Le bollette di luce e gas, infatti, hanno subito dei rincari spaventosi. Se, inoltre, teniamo conto che negli ultimi 10 anni le politiche commerciali della grande distribuzione organizzata e il boom delle vendite on line sono diventate sempre più mirate ed aggressive, per molti artigiani e altrettanti piccoli commercianti non c’è stata via di scampo. L’unica soluzione è stata quella di gettare definitivamente la spugna. Anche in Veneto.

Per tentare una inversione di tendenza, oltre ad abbassare le tasse, rilanciare i consumi e ad alleggerire il peso della burocrazia è necessario, in particolar modo nell’artigianato, rivalutare il lavoro manuale.

Da quasi un anno CGIA chiede sia al premier Mario Draghi che ai governatori di aprire un tavolo di crisi permanente a livello nazionale e locale. Mai come in questo momento, infatti, è necessario dare una risposta ad un mondo, quello autonomo, che sta vivendo una situazione particolarmente delicata. Intendiamoci, misure miracolistiche non ce ne sono. E non dobbiamo nemmeno dimenticare che in questi ultimi due anni oltre ai ristori (ancorché del tutto insufficienti), gli esecutivi che si sono succeduti hanno, tra le altre cose, istituito l’Iscro1, l’assegno universale per i figli a carico ed il reddito di emergenza per chi è ancora in attività. Tutte misure importanti, ma non sufficienti per fronteggiare le difficoltà provocate da questa crisi pandemica.

Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino