Dino Candusso, l'ultimo partigiano di Pordenone: «A 17 anni scelsi la libertà»

Una vita avventurosa quella di Dino Candusso a cominciare dal fatto che subito dopo la guerra è stato anche uno dei primi geometri diplomati in regione

PORDENONE - Alla fine ne resterà uno solo. Ma non è Highlander, anzi, è un uomo come tanti, ma che ha combattuto per la libertà. Un partigiano. E come...

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PORDENONE - Alla fine ne resterà uno solo. Ma non è Highlander, anzi, è un uomo come tanti, ma che ha combattuto per la libertà. Un partigiano. E come nella famosa saga è rimasto veramente l'unico. Già, perché Dino Candusso, classe 1927, è l'unico combattente partigiano ancora vivo in provincia di Pordenone. Un onore per tutti. Ha 97 anni, ma la mente è fresca, vive da solo, i due figli Gustavo e Alessandra vanno ogni giorno a trovarlo. «Ma io mi arrangio - tiene subito a precisare - per tutto. Ho una signora che viene solo per i lavori e per il pranzo. Il resto - ripete - lo faccio da me». Una vita avventurosa quella di Dino Candusso a cominciare dal fatto che subito dopo la guerra è stato anche uno dei primi geometri diplomati in regione.

Da dove cominciamo?
«Dalla nascita nella borgata di Pers a Majano. È stata la mia prima vita, quella dell'infanzia. Ma è stata veloce, perché già nel 1933 con la famiglia siamo partiti per la Francia. Mio padre aveva trovato lavoro Oltralpe. Ci siamo rimasti sino al 39. Una volta rientrato ho frequentato le scuole professionali al Malignani di Udine. Poi è arrivato l'8 settembre».

In quel momento bisognava scegliere da che parte stare?
«Proprio così. Io ho deciso che era necessario difendere la liberà e sono partito per la montagna, con gli altri partigiani. Avevo 17 anni. Era l'autunno del 1944, la prima volta in clandestinità».

Dove era stato dislocato?
«Nella zona tra Tramonti e Forni di Sopra. Insieme al mio amico con il quale abbiamo fatto la resistenza sempre insieme, avevamo un compito particolare: dovevano recuperare i cosacchi che non volevano combattere a fianco di fascisti e tedeschi e portarli in montagna dove si sarebbero uniti al battaglione Stalin, composto interamente da soldati russi scappati dai campi di prigionia o arrivati qui dalla Francia e dall'Austria».

Al comando c'era il famoso Daniel, capitano dell'Armata rossa, sepolto nel cimitero di Clauzetto. Giusto?
«Giusto, un grande uomo. Un onore averlo conosciuto. Nella mia militanza partigiana ho avuto tre scontri a fuoco con i tedeschi e i fascisti. Il primo a Tramonti e senza il comandante sarebbe andata veramente male. Dopo il rastrellamento i tedeschi stavano salendo. Noi, in tutto una cinquantina, forse sessanta, eravamo all'interno di una baita. Daniel ha capito che stavano arrivando e prima che attaccassero ci ha fatti sparpagliare in un cerchio di 100, 150 metri e abbiamo difeso l'avamposto. Poi ci siamo ritirati. La seconda volta che ho sparato è stato a Dignano. Avevamo fermato una moto con due persone a bordo. Quello seduto dietro aveva le mani alzate, l'altro no. Quando ci siamo avvicinati ha dato un colpo di acceleratore ed è partito. Io ero dietro, ho sparato, ma ho avuto subito paura di aver colpito il mio amico che era davanti alla moto. Per fortuna il colpo era alto. Ero felice, non avrei avuto pace per tutta la vita se l'avessi colpito».

E la terza volta che ha sparato?
«Avevamo preso la fabbrica a Cisterna dove sistemavano i motori Mas. Stavamo festeggiando quando da Palmanova sono arrivati due camion con le SS a bordo. Eravamo una quarantina, poco armati. Io avevo il mitra. Prima che i camion si fermassero ho sparato verso di loro alcune raffiche e così hanno fatto altri compagni. Sono filati via diritti, ma li hanno fermati a Mortegliano».

Una cosa che l'ha emozionata?


«Avevamo fatto prigionieri due tedeschi senza sparare un solo colpo. Era già passati diversi giorni quando abbiamo incrociato una colonna di prigionieri. Ad un certo punto uno di loro è uscito urlando e correndo verso di me. Ho alzato il mitra, poi l'ho riconosciuto. Era il tedesco che avevo fatto prigioniero. Voleva salutarmi». 

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Il Gazzettino