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PONTE SAN NICOLÓ - Dopo una vita di sogni e sacrifici, con investimenti per diverse decine di migliaia di euro, è arrivato il momento di guardare in faccia la realtà e di fare un passo indietro. Ha lottato come una leonessa per far valere i suoi diritti e quelli dei colleghi titolari di palestre. Si è appellata più volte alle istituzioni per urlare tutto il proprio malessere di fronte a spese esorbitanti non coperte dal fatturato. Ora però che il Governo ha dato via libera per riprendere l’attività ginnica, Chiara Bertozzo, 43 anni, che nel gennaio di due anni fa ha aperto la palestra “Smart Body” in via Buonarroti a Ponte San Nicolò, alza bandiera bianca.
«In bocca al lupo ai miei colleghi e alle tante società sportive che cercano di riaprire l’attività dopo otto mesi di chiusura imposta. Io purtroppo non riapro». Chiara Bertozzo è delusa e amareggiata. «Ho dedicato la mia vita al fitness. Ho studiato, ho fatto sacrifici, ho raccolto tanti sogni. Il mio benessere è sempre stato quello di vedere il cliente soddisfatto. Ho lavorato senza sosta per costruirmi un futuro, ma adesso il portafogli è vuoto e guardare con ottimismo a quello che sarà mi è un po’ difficile».
I PROBLEMI
Proprio i problemi economici sarebbero la causa del passo indietro della personal trainer. «Un decreto - aggiunge - non è in grado di cancellare in un colpo solo oltre 210 giornate di chiusura.
I NUMERI
Negli ultimi giorni l’imprenditrice ha fatto due conti per capire cosa le prospetta il futuro. «Avevo prima della pandemia un volume di clientela di circa 120 persone. Ad oggi mi stanno seguendo in diciotto. Molti che avevano fatto gli abbonamenti semestrali e annuali ovviamente desiderano ricevere quanto pagato anticipatamente. É naturale che di fronte a questa situazione sia meno dispendioso per me abbassare la serranda che continuare a lottare, nonostante il mondo delle palestre sia da sempre il mio grande amore, la mia ragione di vita». La strada ad oggi per Chiara Bertozzo appare tutta in salita. Senza contare che nei suoi spazi fitness ci sono macchinari dal valore commerciale importante che aspettano e che rischiano di essere svenduti per fare un po’ di cassa per sopravvivere. «Sono avvilita - conclude - vorrei tanto che i nostri governanti ci trasmettessero la loro solidarietà e capissero che dopo una pandemia tutti hanno il diritto di rialzarsi. Compresi i gestori di palestre e di società sportive che da quanto mi risulta sono tra le categorie che più di ogni altra hanno versato in questi mesi lacrime e sangue. Non ci sono attività di serie A e altre di serie B. Ognuno dopo la guerra deve essere rimesso nelle condizioni di rimettersi in piedi». In questi giorni caratterizzati dalla scelta drastica di non riaprire, Chiara è stata raggiunta da centinaia di messaggi e attestazioni di solidarietà.
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Il Gazzettino