Pakistana incinta del fidanzato italiano riportata in patria e costretta ad abortire

Pakistana incinta del fidanzato italiano riportata in patria e costretta ad abortire
L'hanno riportata in Pakistan e costretta ad abortire il figlio che aspettava dal suo ragazzo italiano. È successo a una studentessa di 20 anni di origine...

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L'hanno riportata in Pakistan e costretta ad abortire il figlio che aspettava dal suo ragazzo italiano. È successo a una studentessa di 20 anni di origine pakistana che abita a Verona e che sarebbe stata portata nei mesi scorsi dai parenti nel paese di origine.


La vicenda è basata sui messaggi che la giovane avrebbe inviato via WhatsApp alle compagne di scuola, che hanno informato la dirigenza scolastica. Sulla base della segnalazione dei docenti si è attivata la Digos della Questura scaligera, ma la giovane sarebbe ancora in Pakistan. L'istituto scolastico nei mesi scorsi aveva deciso di anticipare per la giovane i tempi dell'esame di maturità, per permetterle di portare a termine la gravidanza.

Ma in gennaio la famiglia della ragazza ha deciso di partire per il Pakistan, per una delle visite periodiche ai parenti. Da qui, la ragazza avrebbe scritto più volte alle amiche di essere stata legata a un letto, sedata e infine costretta ad abortire da un medico compiacente. Gli investigatori hanno attivato il consolato pakistano in Italia mettendo a disposizione tutto il materiale e le testimonianze raccolte. 

Sarebbero a Verona il padre e il fratello della giovane pakistana. Lo ha riferito l'assessore ai servizi sociali del Comune, Stefano Bertacco. «Non c'è nessuna volontà da parte della famiglia - ha proseguito Bertacco - di lasciare libera la ragazza alla quale, a quanto ci è stato riferito, sono stati sottratti i documenti ed è costantemente sorvegliata dalla madre e dalla sorella».

L'uomo, che gestisce un negozio nel capoluogo scaligero, aveva già subito denunce per violenze in famiglia. «La ragazza - ha detto Bertacco - ha aderito al Progetto "Petra", la struttura che si occupa delle violenze sulle donne, in particolare tra le mura famigliari. È stata ospitata in un appartamento protetto fino al 9 gennaio, quando ha comunicato che si era riconciliata con la famiglia e le è stato concesso, essendo maggiorenne, la libertà di scegliere e tornare a casa dai genitori».


La giovane aveva anche chiesto di continuare a partecipare agli incontri di mutuo-aiuto organizzati dal Centro con le donne vittime di violenze in famiglia «ma non ha mai partecipato. Ha comunicato che era andata in vacanza. Poi si è appreso che era tornata in Pakistan per il matrimonio del fratello, probabilmente è stata una scusa per farla allontanare da Verona. In seguito al Centro Petra si è presentato il fidanzato ed è scattato l'allarme». Il Comune di Verona ha confermato la piena disponibilità ad accogliere nuovamente la ragazza in qualche casa protetta: «Purtroppo - ha concluso Bertacco - la situazione si è spostata in Pakistan; ci stiamo muovendo tutti ma essendo cittadina pakistana anche la Farnesina non ha molti margini di intervento. Di sicuro ad oggi non c'è nessuna testimonianza di come la ragazza vi sia stata portata».
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Il Gazzettino