Padre strangola il figlioletto e si uccide. Ombre sulla diagnosi di autismo: «Max non era malato»

Padre strangola il figlioletto e si uccide. Ombre sulla diagnosi di autismo: «Max non era malato»
GODEGO (TREVISO) - «Mio figlio a un certo punto ha cominciato a vedere tutto nero. Senza alcuna via d'uscita. Ma non era così. Era lui ad avere bisogno di aiuto,...

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GODEGO (TREVISO) - «Mio figlio a un certo punto ha cominciato a vedere tutto nero. Senza alcuna via d'uscita. Ma non era così. Era lui ad avere bisogno di aiuto, non mio nipote». Fortunato Battaglia, il papà di Egidio e il nonno del piccolo Massimiliano, trattiene a stento le lacrime. Ma il suo dolore si sta trasformando in rabbia per una tragedia che si sarebbe potuta evitare. La diagnosi sul possibile autismo del bimbo di due anni e mezzo, strangolato sabato mattina dal 43enne che si è poi tolto la vita tagliandosi la gola nel loro appartamento di via Città dei Boves, non era né definitiva né tanto meno così tragica. Almeno stando alle parole di nonno Fortunato. «Sì, è vero. Massimiliano non aveva ancora detto papà o mamma. Ma era un bimbo come tutti gli altri. Faceva i versi degli animali, riconosceva le auto e le moto. Camminava, giocava e interagiva normalmente - afferma - Ci sono bambini che iniziano a camminare prima e altri dopo, chi parla prima e chi più tardi. È tutto normale. Non so chi abbia messo in testa a mio figlio quelle idee». 


LE VISITE

In realtà nonno Fortunato un sospetto ce l'ha, ma in questa situazione di dolore non vuole aggiungere problemi alla sua famiglia, che sta cercando con tutte le forze di sopravvivere alla tragedia. E non punta il dito contro nessuno, ma ripercorre le tappe che hanno portato suo figlio Egidio a uccidere Massimiliano e a togliersi la vita. «A dicembre sono iniziate le prime visite attraverso l'Usl - sottolinea Fortunato Battaglia - Dai primi esami era venuto fuori che mio nipote, il mio unico nipote maschio, poteva essere autistico. Ma i medici avevano detto che era presto per poterlo dire vista la tenera età del bambino. Era comunque un'ipotesi, su cui andavano fatti degli approfondimenti. Ma su una scala da 1 a 12, a Massimiliano era stato dato il grado 1, il più basso. Non c'era nulla da temere insomma. Avremmo superato tutto e, ora che sono in pensione, avrei dato una mano a Egidio e a sua moglie Adriana, che per noi è come una figlia, a prendersi cura del piccolo».

 
IL CROLLO

Tutti, insomma, erano a conoscenza dei possibili problemi che avrebbe potuto avere il piccolo Massimiliano. Suo padre, Egidio, ne era terrorizzato. Voleva cercare una soluzione. E così si è rivolto a un professionista per capire quali possibilità ci potessero essere per garantire al piccolo un'esistenza diversa da quella che gli era stata prospettata. Ma secondo nonno Fortunato sarebbe stato proprio quel consulto a far precipitare la situazione. «Mio figlio non me ne ha mai parlato nel dettaglio - ricorda quasi in lacrime - ma adesso lo so. E ciò che mi fa più rabbia è che non posso fare più niente». Il 70enne è furioso. Forse cerca un capro espiatorio per dare una risposta alle tante domande che si sta ponendo. Ma la questione è chiara, e riscontrabile dai comportamenti tenuti da Egidio dopo quel secondo parere medico. Il 43enne, montatore per la ditta Pavan di Galliera Veneta, nel padovano, aveva chiesto all'azienda di smettere con le trasferte e di lavorare in ufficio, proprio per essere più presente per il figlio. L'azienda assecondava le sue richieste, ma ovviamente il cambio di mansioni avrebbe comportato un adeguamento di stipendio, al ribasso. 


LA SOLITUDINE

Egidio però aveva bisogno di denaro, perché il professionista a cui si era rivolto, stando al racconto di Fortunato, gli aveva prospettato costi esorbitanti per poter far fronte alla malattia del figlio. Compreso quello per un insegnante di sostegno che seguisse Massimiliano a casa. Uno scenario che avrebbe spinto Egidio verso il baratro. Si sarebbe sentito da solo a dover combattere per la salute del figlio. «Noi siamo sempre stati al suo fianco - conclude Fortunato - sapeva che per lui, per Adriana e per Massimiliano ci saremmo sempre stati. Non c'era niente di insormontabile ma alla fine ora mi ritrovo senza il mio primogenito e senza il mio nipotino. Una ferita che credo non si potrà mai rimarginare. L'unica cosa che so è che devo farmi forza perché in qualche modo si deve andare avanti».

 

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Il Gazzettino