PADOVA - L'utilizzo dei voucher, nell'ultimo anno, è letteralmente esploso in tutta Italia, così come in Veneto e soprattutto a Padova. Qui, in particolare,...
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Introdotto dal Ministero del lavoro nel 2008 inizialmente in agricoltura, per contrastare il lavoro nero, questo metodo di pagamento per prestazioni occasionali è stato poi esteso anche ad altri settori, a partire da quello delle colf e delle badanti per arrivare a commercio e turismo, e finire per essere utilizzato da quasi tutti i settori merceologici, compresi l'edilizia, la manifattura, la ristorazione e l'intrattenimento. La flessibilità dei buoni lavoro, tuttavia, si presta facilmente alla messa in atto di pratiche elusive della legislazione del lavoro e della previdenza sociale. Se da una parte c'è la Cgil che propone un referendum per abolirli, dall'altra la Cisl, pur considerandoli un valido strumento per combattere il lavoro nero, ritiene sia indispensabile un monitoraggio costante del loro utilizzo. Nella sola provincia di Padova su 30 mila lavoratori pagati con voucher, sono stati venduti 2 milioni e 665.441 voucher da 10 euro. Ovvero ogni lavoratore è stato impegnato in attività per circa due settimane nell'arco dell'intero anno.
«Il dato è incongruente - dichiara Sabrina Dorio, segretario Cisl di Padova e Rovigo - vuol dire che sempre più spesso il datore di lavoro paga una tantum, elargendo in nero il resto del denaro». Per queste ragioni la Cisl chiede tre cose: un monitoraggio costante da parte di Inps e della Direzione Territoriale del Lavoro sull'utilizzo dei bonus lavoro, l'innalzamento dal 13 al 27% della contribuzione, così da rendere dignitosa la pensione di chi sia stato pagato così. «Con le soglie attuali - spiega Onofrio Rota, segretario Cisl Veneto - un lavoratore pagato solo tramite voucher anche al massimo (7mila euro/annui) riuscirebbe ad arrivare alla pensione solo dopo aver maturato ben 126 anni di attività». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino