PADOVA - Bancarotta fraudolenta per distrazione. È l’ipotesi accusatoria alla base del secondo filone d’inchiesta sul Padova Tre, scaturito dalla sentenza...
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Ruberto è stato costretto ad allungare i tempi dell’inchiesta in attesa del deposito della relazione dei curatori fallimentari.
POKER DI CURATORI
I quattro professionisti scelti dal giudice delegato Mauro Martinelli, ovvero i commercialisti Diego Ranzani e Carlo Salvagnini, e gli avvocati Stefania Traniello Gradassi e Valerio Migliorini, stanno lavorando ormai da un anno alla ricostruzione dell’attività del Padova Tre, attraverso una dettagliata analisi dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali della Srl. È evidentemente lo snodo fondamentale dell’inchiesta-bis perché dalla relazione dei curatori dovranno emergere eventuali responsabilità a carico degli ex amministratori. Con tutta probabilità il numero degli indagati è destinato ad aumentare. E non è escluso che anche qualche revisore dei conti e sindaco dei 52 comuni della Bassa e del Piovese finisca nel mirino della Procura. É un fiume di denaro quello distratto dalle casse della multiutility, controllata dal Consorzio Padova Sud, a sua volta indebitato per una trentina di milioni di euro. Ma a quanto ammonta il crac di Padova Tre? Una prima risposta dovrebbero fornirla i giudici polesani, incaricati della quantificazione dello stato passivo della società. L’esame di tutte le richieste di ammissione formulate dai creditori procede a rilento. L’ultima udienza risale a martedì scorso. Ma il lavoro del Tribunale è ben lungi dall’essere concluso. Stando alle stime degli investigatori della Guardia di finanza il buco potrebbe aggirarsi tra i 25 e i 30 milioni di euro.
LE SPESE PAZZE
All’appello mancano sicuramente una quindicina di milioni, caricati nelle bollette degli utenti tra il 2013 e il 2015 in sovrafatturazione rispetto al costo reale del servizio di asporto rifiuti. Molti soldi pagati dai cittadini sotto forma di Tari sono effettivamente finiti in spese pazze, tra assunzioni di amici e parenti, benefit e regalie fuori da ogni controllo, grazie anche ad un ingegnoso sistema di fatture gonfiate. Rientrano in questo filone il restauro della casa in montagna di Borile, l’esercito ingiustificato di auto aziendali, i folli investimenti immobiliari (quasi 9 milioni di euro per strutture per lo più non necessarie) e il fiorire di partecipate. Padova Tre era uscita da quelle che producevano ricavi e si era tenute strette quelle con i conti in rosso. Su questi delicati aspetti dovranno fare luce i quattro curatori fallimentari. Nel frattempo Borile, Chinaglia e gli altri otto imputati si preparano ad affrontare l’udienza preliminare per il primo troncone dell’inchiesta. Appuntamento davanti al gup polesano il prossimo 7 novembre.
Luca Ingegneri
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Il Gazzettino