PADOVA - Loggia della Gran Guardia gremita ieri sera dalle 19 per la "Notte dei senza fissa dimora". La festa con musica, danze magrebine e un grande buffet realizzato dagli...
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Tra loro Antonia, 46 anni ma ne dimostra meno, che con pacatezza e grande dignità ha raccontato le sue vicissitudini. «Ho sempre lavorato, come magazziniera in una ditta di cosmetici, poi in un'impresa di pulizie per 6 anni ma poi il titolare ha assunto degli extracomunitari e le nostre ore si sono ridotte fino a quando ho perso l'occupazione nel 2007 - spiega Antonia - avevo dei risparmi che mi sono bastati a pagare l'affitto di casa per alcuni mesi poi mi sono ritrovata in strada. La vigilia di Natale per la prima volta sono entrata, col programma "emergenza freddo", al dormitorio pubblico e ho avuto un riparo notturno fino a marzo del 2008 quando mi hanno rimandato in strada anche se faceva ancora freddo». Antonia è nata e vissuta a Padova poi si era trasferita in un comune della cintura che, per un pò ha versato la retta del dormitorio a quello di Padova.
«L'assistente sociale mi ha avvertito che avevano deciso di spendere solo per aiuti alle famiglie di quel Comune e non mi avrebbero dato più nessun sussidio. È stato un continuo alternarsi di dormitori e strada - continua Antonia - Nel 2012 ho avuto colloqui con diverse associazioni e ho trovato ospitalità alla Mandria dalle suore Comboniane dove sono rimasta quasi un anno». Nuovamente senza un tetto Antonia che quando riusciva cercava di guadagnare qualcosa con pulizie e lavoretti di cucito, ha frequentato anche una scuola per sarte. Ora è ospite di un'anziana che, in cambio di vitto e alloggio, assiste durante la notte.
«A volte mi sento di peso perché non posso contribuire e l'anziana ha solo la sua pensione, quello che sogno è un lavoro ma mi rendo conto che alla mia età è molto difficile ma ci spero davvero - chiude Antonia - da un altro punto di vista mi sento fortunata, vesto con quello che mi da la Caritas ma non dormo più in strada. Quando sei senza una casa a volte basta una parola, un abbraccio per non crollare e non riuscire più a tirarsi su e la speranza di un onesto lavoro qualsiasi». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino