Il prefetto Franceschelli: «Infiltranzioni? No, la mafia è tra di noi»

Il prefetto Renato Franceschelli
PADOVA - «Infiltrazioni? No, dobbiamo smetterla di parlare di infiltrazioni. Qui bisogna parlare di una vera e propria presenza. Le ultime operazioni dimostrano che le...

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PADOVA - «Infiltrazioni? No, dobbiamo smetterla di parlare di infiltrazioni. Qui bisogna parlare di una vera e propria presenza. Le ultime operazioni dimostrano che le associazioni a delinquere e i singoli soggetti malavitosi ormai sono in mezzo a noi e spesso sono pure ben radicati». Di fronte alla notizia degli ultimi arresti, il prefetto di Padova Renato Franceschelli scuote la testa, ma non si stupisce affatto. «Dobbiamo proteggerci, dobbiamo alzare ulteriormente il livello di guardia. Le ultime notizie ci confermano che nessuna zona può ritenersi immune al cento per cento». Il riferimento è al maxi-blitz messo in atto martedì all’alba da carabinieri e guardia di finanza per colpire i tentacoli veneti della ‘ndrangheta, che gli inquirenti ritengono legati alla cosca calabrese “Grande aracri”. A Padova si contano tre arrestati, tra cui l’impresario Adriano Biasion di Piove di Sacco, e altri dieci indagati.

  
Prefetto Franceschelli, perché il territorio padovano è così appetibile per le organizzazioni criminali di stampo mafioso?
«Perché è un territorio ricco e molto fertile dal punto di vista imprenditoriale, con moltissime realtà. È stato pesantemente segnato dalla crisi economica degli ultimi anni e, come in tutti i territorio segnati dalla crisi economica, ci sono tanti imprenditori che si sono trovati in difficoltà. Spesso sono proprio loro gli obiettivi privilegiati di questi personaggi che li avvicinano con la scusa di aiutarli ma in realtà non hanno affatto a cuore le sorti dell’azienda. Le piccole realtà in difficoltà sono facile preda di chi si presenta con modi distinti e poi invece non solo se ne appropria ma utilizza le stesse aziende per fare affari sporchi». 
Quali sono i loro veri obiettivi di questi personaggi? 
«I reati finanziari, tipici di una criminalità organizzata che non spara ma evade le tasse e ricicla denaro sporco. I settori in cui le organizzazione mafiose si ineriscono maggiormente sono quello dei trasporti, quello dei rifiuti e, come dimostra l’ultima inchiesta, quello dell’edilizia».
A chi spetta il compito di contrastare la presenza della mafia?
«A tutti, dallo Stato ai cittadini. Io credo che lo Stato sia assolutamente presente e gli ultimi risultati lo dimostrano. Le forze dell’ordine, le prefetture e la magistratura stanno facendo ampiamente la propria parte. Rivolgo quindi un appello alla società civile sana e pulita che c’è in questa provincia, ai singoli cittadini e al mondo delle associazioni. A loro chiedo uno sforzo sempre maggiore. Bisogna ricordarsi che quello delle presenze mafiose non è un rischio ipotetico. È un rischio concreto».
Qual è il suo appello?
«Serve massima attenzione per quel che accade attorno a noi. Gli insediamenti mafiosi non sono fenomeni che capitano all’improvviso dalla sera alla mattina. Sono fatti che si radicano e crescono nel tempo. E allora invito tutti a segnalare ogni episodio e ogni affare sospetto, stando sempre affianco a chi è in difficoltà. Tutti possono essere delle sentinelle che tengono sotto controllo il proprio territorio. L’importante è essere consapevoli che il rischio di imbattersi in presenza mafiose esiste eccome». 
Qual è il messaggio da rivolgere agli imprenditori del Padovano?
«Serve la massima attenzione per evitare di mettersi nelle mani di persone poco raccomandabili e senza scrupoli. Se un imprenditore, un artigiano o un commerciante pensa di poter riuscire a risolvere i propri problemi finanziari affidandosi a certi strani soggetti che si palesano all’improvviso tendendo la mano e offrendo delle condizioni, sarebbe a dir poco ingenuo. Quella non può essere la soluzione ai suoi problemi». 
Dal punto di vista operativo, cosa può fare la prefettura per combattere la presenza delle organizzazioni mafiose?
«In primis c’è lo strumento preventivo delle interdittive antimafia, che impediscono alle aziende di avere dei contratti con le pubbliche amministrazioni. Si fondano su sospetti di collusione e vicinanza ad ambienti mafiosi. Questa prefettura ne ha emessa una a dicembre 2017 nei confronti di un’azienda di Megliadino San Vitale (la R.M. Trasporti, ndr). Va detto che in questo contesto emettere interdittive è più complicato rispetto ad altre realtà perché qui non ci troviamo di fronte a vere e proprie organizzazioni criminali che gestiscono il business in prima persona. Qui i malavitosi si avvalgono di piccoli artigiani, imprenditori, professionisti. A Padova non c’è il capo-mafia crotonese, qui c’è quella “fascia grigia” più difficile da scoprire». 
La Prefettura di Padova ha poi una “white list” che conta oltre 450 aziende in tutta la provincia.

«Sì, sono tutte aziende che hanno autonomamente chiesto di iscriversi e per rimanere in questo elenco si sottopongono a controlli amministrativi annuali per verificare che tutto sia nella norma. La prefettura concede loro una sorta di “bollino” di legalità. Serve anche massima attenzione per evitare inserimenti della criminalità organizzata negli appalti pubblici, e proprio in questa direzione va il protocollo di legalità appena firmato con l’Università di Padova. Ora, su questa scia, spero di firmare protocolli analoghi anche con azienda ospedaliera e Comune di Padova, con lo sguardo rivolto ai prossimi grandi appalti come quelli del nuovo ospedale o della linea del tram». 
Gabriele Pipia
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Il Gazzettino