ALTA PADOVANA - Ha combattuto per nove lunghissimi anni nelle aule di tribunale con l’obiettivo di restituire serenità al figlio vittima di presunti abusi...
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Il figlio, oggi studente quindicenne di un istituto professionale cittadino, non rischia più di essere strappato alla mamma e alle due sorelle e di doversi trasferire in una comunità per minori. Ad agosto di due anni fa l’aveva detto chiaro e tondo ai giudici: «Ho una famiglia e non voglio allontanarmi da essa». La sua volontà è stata rispettata.
LA CONSULENZA
Il consulente tecnico nominato dalla Corte d’Appello, il dottor Carlo Schenardi, non aveva esitato a schierarsi dalla parte della madre ritenendo la permanenza del minore tra le quattro mura di casa «una condizione di maggior equilibrio funzionale. Un’eventuale collocazione in ambito etero familiare potrebbe comportare, con elevato valore di probabilità, uno scompenso psicologico e comportamentale del minore». Ora i giudici riabilitano completamente la figura della donna specificando che «dal quadro probatorio non sono emersi elementi negativi nei suoi riguardi» e che «nel suo contegno non si riscontra l’esistenza di situazioni potenzialmente pregiudizievoli per il figlio, anche se è comunque necessario mantenere un controllo da parte dei servizi sociali».
LA FIGURA PATERNA
Giudizi diametralmente opposti a quelli formulati dalla Corte d’Appello nei confronti del padre del ragazzino, con il quale i contatti sono interrotti ormai da diverso tempo. L’uomo non aveva presentato alcun ricorso per ottenere il reintegro nella potestà genitoriale e si era limitato ad una tardiva costituzione nel procedimento innescato dall’ex compagna. I giudici hanno preso atto della duplice assoluzione dalla pesante accusa di abusi sessuali nei confronti del bambino (il verdetto della Corte d’Appello di Venezia è stato peraltro impugnato dalla madre in Cassazione, ndr) ma hanno ritenuto di dover acquisire i verbali delle dichiarazioni rese dal piccolo in sede penale poiché «gli stessi inducono la Corte alla massima cautela per la gravità dei fatti narrati dal minore». All’uomo non sono stati quindi restituiti i connotati del genitore. Con due inevitabili conseguenze: non potrà incontrare il minore neppure in forma protetta e non avrà alcun potere decisionale nelle scelte educative compiute in favore del ragazzo.
Luca Ingegneri
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Il Gazzettino