Computer e pizzini, così dal carcere gestiva il traffico di droga in Sicilia

Computer e pizzini, così dal carcere gestiva il traffico di droga in Sicilia
PADOVA - Dalla sua cella della casa di reclusione di strada Due Palazzi gestiva tranquillamente un sodalizio criminale dedito allo spaccio di sostanze stupefacenti a mille...

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PADOVA - Dalla sua cella della casa di reclusione di strada Due Palazzi gestiva tranquillamente un sodalizio criminale dedito allo spaccio di sostanze stupefacenti a mille chilometri di distanza. Computer e pizzini. Erano questi i mezzi di comunicazione di Mario Pace, 57enne presunto esponente del clan Pillera-Cappello che sta scontando una condanna all'ergastolo per omicidio e associazione mafiosa. Pace è uno dei sedici destinatari delle ordinanze di custodia cautelare eseguite nella giornata di ieri dai carabinieri del comando provinciale di Catania, con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di cocaina e marijuana. L'operazione è stata denominata Baly, dal nome di un chiosco che fungeva da snodo per le consegne dello stupefacente. Tra Gravina e Mascalucia, località della provincia catanese, la banda gestiva un redditizio spaccio di droga, in grado di produrre tra il 2011 e il 2013 proventi per circa 30mila euro alla settimana. Riusciva infatti ad acquistare la cocaina di provenienza olandese a prezzi più competitivi rispetto a quelli del cartello di rifornimento controllato dalla criminalità organizzata. Lo smercio della droga avveniva non in una piazza di spaccio ben definita ma con un'attività molto dinamica, facilitata anche da una rete di clienti accreditati. 

Le direttive al gruppo criminale arrivavano dal carcere di Padova, dove è detenuto Mario Pace, che aveva a disposizione un personal computer, sequestrato dalla polizia penitenziaria nel corso delle indagini. Era comunque la sorella Rosa, sottoposta all'obbligo di firma, e legata a Roberto Vitale, uno dei vertici del sodalizio criminale, a fungere da messaggera dei pizzini che sarebbero stati consegnati durante i colloqui in carcere.
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Il Gazzettino