Manda un pacco al figlio a Dublino ma è bloccato in Francia: «È danneggiato». Mamma denuncia l'Ups: rivuole i soldi della spedizione

Immagine d'archivio di un corriere Ups in Place Vendome a Parigi
MOGLIANO (TREVISO) - Il pacco danneggiato è fermo in Francia da due mesi e mezzo. È questa l’incredibile odissea di una casalinga moglianese alle prese con la...

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MOGLIANO (TREVISO) - Il pacco danneggiato è fermo in Francia da due mesi e mezzo. È questa l’incredibile odissea di una casalinga moglianese alle prese con la ditta di spedizioni Ups. La donna a febbraio aveva inviato uno scatolone di prodotti italiani, tra cui olio, vino, parmigiano al figlio residente a Dublino per motivi di studio. Ma la merce non è mai arrivata a destinazione. S.B., 54enne casalinga di Mogliano, si è scontrata con il corriere Ups, che a due mesi e mezzo dalla spedizione non ha ancora fornito risposte soddisfacenti né tantomeno rimborsato la donna a seguito del danneggiamento del pacco avvenuto in Francia. Ora la donna si è affidata all’ufficio legale dell’Adico per proseguire una battaglia di principio, non essendo gli importi in ballo così rilevanti.

La disavventura inizia a metà febbraio, quando S.B. si rivolge al centro spedizioni Ups di Casier con lo scatolone colmo di prodotti italiani e imballato alla perfezione, paga 40 euro e lo consegna per la spedizione. Dopo 5 giorni, il figlio da Dublino, controllando il tracciamento, vede che il pacco risulta fermo in Francia, danneggiato anche se nessuno ha avvertito il mittente. La 54enne, avvertita di quanto accaduto, chiama il servizio clienti di Ups, dove le dicono che è stata aperta un’indagine e che bisogna attendere una 15ina di giorni. Il tempo indicato passa ma non giunge alcuna notizia e così richiama il servizio clienti dove le dicono che le indagini sono in corso. Poi, contatta l’ufficio francese di Ups e qui iniziano una serie di disguidi e di incomprensioni che si tramutano in richieste di documenti, di foto della merce, addirittura la percentuale di ricarico dei prodotti, che in realtà provenivano dalla dispensa della donna. Con un diavolo per capello, dopo decine di mail, di telefonate e vari passaggi negli uffici di Casier, S.B. richiede quantomeno il rimborso dei 40 euro, per una questione di principio. Ma anche in questo caso, nulla.

«Dopo due mesi e mezzi di tentativi – commenta Carlo Garofolini, presidente di Adico – siamo stati chiamati in causa perché la socia ha scelto di non mollare, ovviamente non per l’importo in ballo ma per una questione di principio. Crediamo che in questi casi, al di là dell’esistenza o meno di una assicurazione, il rimborso dovrebbe essere automatico perché è chiaro che siamo di fronte a un disservizio la cui responsabilità va totalmente attribuita alla ditta americana Ups. In teoria sarebbero da rimborsare anche i 150 euro che corrispondono al valore della merce ma sembra già un’impresa la restituzione dei 40 euro pagati per la spedizione».

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Il Gazzettino