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Premessa d'obbligo, nonché attuale. È possibile che il sistema dei colori, così come hanno chiesto all'unisono i presidenti delle Regioni, possa saltare definitivamente. E quindi che si dica addio anche al lockdown duro, l'unica opzione rimasta inalterata rispetto al passato. Ma queste sono ipotesi per il prossimo futuro. Il dato di fatto invece è un altro: numeri alla mano il Friuli Venezia Giulia è l'unica regione in Italia a rischiare (seppur si tratti di una possibilità assolutamente non certa) di finire in zona rossa. Quindi di chiudere. E questo perché non c'è ad oggi un territorio con gli ospedali saturi come quelli della nostra regione. Lo certifica il rapporto quotidiano realizzato dall'Agenas, l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari territoriali.
I NUMERI
Per capire le proporzioni del fenomeno si deve prima dare un'occhiata alla media nazionale. A livello italiano le Terapie intensive sono occupate al 18 per cento e i reparti dedicati ai malati di Covid in condizioni meno gravi sono piene al 31 per cento. Numeri solo da zona arancione. In Friuli Venezia Giulia invece il combinato tra Terapie intensive e Aree mediche è il più alto d'Italia. Nelle Rianimazioni il tasso di occupazione arriva al 23,4 per cento, mentre quello delle Medicine Covid è schizzato al 38,3 per cento della capienza.
LE CAUSE
Alla base dell'aumento dei ricoveri c'è come sempre il contagio. Ma in epoca vaccinale ci si deve interrogare anche su altro. Perché in Fvg, nonostante una buona copertura immunitaria, gli ospedali sono ancora intasati e puntano la zona rossa? Una parte del problema alberga negli ospedali stessi. E la spiegazione arriva proprio da lì. «Spesso - spiegano sia dai vertici dell'AsuFc che da quelli dell'AsFo - le dimissioni sono troppo lente. Si fa fatica a mandare a casa un paziente anche quando è guarito, ma ad esempio ancora positivo. Questo perché magari convive con altre persone che sono negative e senza la possibilità di isolarsi correttamente». Ma capita anche il contrario: un paziente ormai negativizzato da dimettere ma indirizzato in un'abitazione con all'interno dei positivi. Senza dimenticare la proverbiale lentezza delle dimissioni nei giorni festivi, quando mancano diversi medici in corsia e quindi il processo si ferma.
CURE ESTERNE
Un'altra emergenza è quella legata alla diminuzione numerica delle strutture dedicate alle cure intermedie, cioè delle famose Rsa Covid. In provincia di Pordenone è rimasta una sola struttura, quella di Maniago. Ed è sempre piena, con venti pazienti su venti posti disponibili. Impossibile, a causa della chiusura della Rsa di Sacile, aprire un secondo polo. In provincia di Udine la situazione non è allo stesso modo delle migliori, con un solo polo - a Gemona - dedicato ai pazienti Covid dimessi dagli ospedali. Anche quello è sempre pieno, con 34 posti letto perennemente occupati. In questo modo non si riescono a sgravare gli ospedali. L'ultima istanza riguarda i medici di medicina generale, che a causa dell'aumento di lavoro finiscono per dirottare sempre più pazienti verso i reparti di Pronto soccorso. «Ora l'occupazione dei posti letto covid e terapie intensive è quasi al limite della zona rossa che spiega Spitaleri del Pd - anche se riuscisse il tentativo di cancellare i colori, rimane una situazione di gravissimo allarme per la salute di tutti i cittadini».
Il Gazzettino