L'orso spaventa il Trentino, scontro sull'abbattimento dell'animale

Un'estate dopo, l'orso torna a spaventare il Trentino. Non si tratta più di M49, a suo tempo ribattezzato Papillon ma ormai ex fuggiasco, catturato due mesi fa e da...

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Un'estate dopo, l'orso torna a spaventare il Trentino. Non si tratta più di M49, a suo tempo ribattezzato Papillon ma ormai ex fuggiasco, catturato due mesi fa e da allora detenuto (pare pure sedato, per evitare problemi con la vicina di recinto DJ4). È stato un altro esemplare ad aggredire e ferire due uomini, padre e figlio, lunedì sera in Val di Non. Così mercoledì il presidente Maurizio Fugatti ha firmato l'ordinanza con cui la Provincia dà mandato al Corpo Forestale di cercare e abbattere l'animale: una mossa che ieri ha riacceso il conflitto politico-istituzionale con il ministro Sergio Costa e il dibattito pubblico che divide animalisti e allevatori.


«L'orso che ha aggredito padre e figlio va abbattuto». Fugatti (Provincia) firma l'ordinanza

LA LETTERA
Il testo firmato dal leghista Fugatti ordina di «applicare, ad avvenuta identificazione e riconoscimento dell'animale, la misura prevista dalla lettera k)» del Pacobace (Piano d'azione interregionale per la conservazione dell'orso bruno nelle Alpi centro-orientali, peraltro ratificato anche dal Veneto). Traduzione: abbattimento. «Gli orsi non si uccidono!», ha esclamato il pentastellato Costa su Facebook: «Mettiamo il caso che fosse un'orsa, impaurita per i suoi cuccioli. Quale mamma non reagirebbe per proteggerli? Farò tutto ciò che è nella mia penna per salvare l'orso e tutti gli animali». E così il ministro dell'Ambiente ha scritto una lettera al presidente della Provincia, in cui stigmatizza «una decisione impulsiva che non favorisce un'analisi degli elementi di contesto e aggrava lo scontro pubblico, già non semplice da gestire, sulla convivenza tra uomo e fauna selvatica negli ambienti alpini», al punto da annunciare che i suoi uffici stanno «valutando i presupposti giuridici per una eventuale impugnazione dell'ordinanza».

IL CONFRONTO
Per ora i toni della missiva sembrano lasciare aperta la porta al confronto. Non a caso Fugatti ha assicurato che le posizioni del ministro «non saranno ragione di conflitto istituzionale» e ha precisato che il suo provvedimento «ha carattere di urgenza per ragioni di pubblica sicurezza», come ha spiegato nelle motivazioni: «La zona dove è avvenuta l'aggressione si trova a monte di un grosso centro abitato (Cles), è accessibile liberamente al traffico automobilistico ed è caratterizzata nella stagione estiva, che comincia proprio in questi giorni, da un importante e crescente afflusso di gente». Costa ha espresso fiducia nei confronti del presidente: «Ci siamo sentiti per telefono, lui mi ha detto che l'ordinanza doveva farla ma che avrebbe valutato la situazione».

LA POLEMICA
Ma la polemica continua ad infuriare. Legambiente ha conferito mandato ai suoi legali di denunciare Fugatti per l'ipotesi di tentata uccisione di animali: «Gli orsi non possono essere condannati a morte per il fatto di essere orsi». «Incredibilmente questa condanna è stata emessa senza un processo», ha concordato Wwf Italia, lanciando una petizione su Change.org. Ha ribattuto Coldiretti: «In Trentino ci sono almeno 82 orsi, ma in circolazione ci sono pure 13 branchi di lupi o ibridi, con intrusioni nelle aziende e uccisioni di animali da allevamento. Occorre garantire la sicurezza dei cittadini, dei turisti e degli allevamenti messi in pericolo dall'aggressività degli animali selvatici». Contro-tweet dell'attore Alessandro Gassmann: «Noi siamo circa 60 milioni, gli orsi in Trentino circa 80, gli abbiamo invaso ogni spazio, depredato, cementificato, disboscato, sversato, bruciato, e ora ne abbattete uno con prole perché sostenete sia pericoloso?! ».

IL DNA

Intanto per agevolare l'identificazione del Dna, Christian Misseroni ha consegnato alla Forestale i vestiti che indossava quand'è stato morso insieme a suo padre Fabio, che si è fratturato una gamba: «L'orso è spuntato all'improvviso da alcuni arbusti e correndo mi è venuto addosso. Così non ho avuto il tempo né di provare a scappare, né di accorgermi di quello che stava succedendo. Se non ci fosse stato mio papà non so come sarebbe finita». 
Angela Pederiva Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino