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PORDENONE-UDINE - Cartellino rosso l'inappropriatezza di alcuni esami diagnostici, come Tac e risonanze, e per l'attesa di un intervento di chirurgia oncologica dopo la diagnosi, che sfora il massimo dei 30 giorni previsti. Critico è anche l'accesso ai Pronto soccorso, soprattutto per l'attesa riservata ai cosiddetti "codici minori", ma anche per la qualità percepita dai pazienti e per il numero di accessi, in crescita rispetto agli anni scorsi. Discreta, invece, la performance dell'assistenza domiciliare che si colloca in fascia gialla, ma occorre tendere al «verde intenso» per essere in una dimensione decisamente positiva. Sono queste alcune delle osservazioni sulle prestazioni del Servizio sanitario del Friuli Venezia Giulia messe in evidenza dalla Scuola Sant'Anna di Pisa con il Laboratorio Mes Management e Sanità.
I DETTAGLI
Un rapporto che analizza l'andamento della sanità di nove regioni che, volontariamente, si sottopongono a valutazione. Insieme al Fvg ci sono Basilicata, Liguria, Lombardia, Marche, Puglia, Toscana, Umbria e Veneto. Ieri il report è stato presentato nel salone del Parlamento del Castello di Udine, presenti la coordinatrice del team di ricerca del Laboratorio Mes, Francesca Ferrè, l'assessore regionale alla Salute, Riccardo Ricardi, la rettrice della Scuola Superiore Sant'Anna, Sabina Nuti, e, da remoto, il presidente dell'Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro. «Una criticità che si evidenzia in Fvg e che l'accomuna a diverse altre è quella legata all'accesso ai Pronto soccorso ha spiegato Ferrè -: per l'attesa sui codici minori, ma anche per la qualità percepita dai pazienti e per i contatti che sono molto alti». È poi «molto critica» in ambito regionale la situazione sui tempi di attesa per gli interventi chirurgici di oncologia. «Da alcuni anni c'è un'indicazione che prevede che ci debba essere la presa in carico entro 30 giorni dalla diagnosi ha dettagliato la ricercatrice -.
IN CORSIA
Più nello specifico, «risulta che i ricoveri in Medicina, che potrebbero essere ad un certo punto trasferiti in assistenza intermedia, qui permangono a lungo in ambito ospedaliero, sforando spesso i 30 giorni», ha rilevato lo studio. E se l'inappropriatezza degli accessi a Tac e risonanze potrebbe sottendere «una medicina difensiva», le prolungate degenze ospedaliere in ambito medico «indirettamente denotano una sofferenza delle capacità delle cure intermedie». La sintesi di Ferrè è che «nel 2022 c'è una buona consistenza di indicatori che peggiora nel rapporto rispetto al 2021. Perdono qualità alcuni indicatori che erano buoni, cioè nella fascia verde, e altri peggiorano in termini assoluti». Il rapporto non analizza la relazione tra medici di famiglia e pazienti, ma dai dati raccolti si evince che in regione ogni medico ha un maggior numero di assistiti (1.390) rispetto alla media italiana (1.298) e tra questi è significativa l'incidenza dei pazienti anziani. Anche i pediatri hanno in media cento assistiti in più rispetto alla media italiana.
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Il Gazzettino