MESTRE - Le mani della mafia sulla provincia di Venezia, a partire dal Tronchetto. Un’operazione dei carabinieri del Ros di concerto con il Comando Provinciale di Venezia, è...
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L’ordinanza cautelare è stata emessa a conclusione di un’attività investigativa originata dalla presenza ed operatività sul territorio veneziano del boss mafioso Vito Galatolo, già esponente di spicco della famiglia dell’Acquasanta di Palermo (figlio del capo mandamento Vicenzo Galatolo, detenuto all’ergastolo per l’omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa), oggi collaborante. Vito Galatolo, pur sottoposto all’epoca dei fatti alla sorveglianza speciale di Polizia, forte anche del proprio carisma, aveva dato vita ad un'organizzazione criminale che metteva a segno gravi reati contro il patrimonio, composta prevalentemente da palermitani.
La rapina alla Tupperware
Le indagini hanno permesso di svelare, l’estate scorsa, tutte le fasi di una rapina tentata nei confronti di un’agenzia scommesse di Mestre e di quella effettuata il 16 giugno alla concessionaria Tupperware di Ponzano. In quest’ultima circostanza venivano arrestati tutti i responsabili dell’assalto e di fatto il gruppo organizzato veniva stroncato. In preparazione vi erano altri colpi nella città di Mestre in danno di un’oreficeria e di un esercizio pubblico.
Il gruppo criminale veniva definitivamente decapitato dall’arresto del boss Vito Galatolo il 23 giugno su provvedimento cautelare proveniente dalla DDA di Palermo (operazione “Apocalisse”); nell’autunno scorso il boss iniziava a collaborare con gli inquirenti palermitani, fornendo informazioni in ordine al progetto di attentato al pm Nino Di Matteo.
L’operazione odierna, integrata da una lunga serie di perquisizioni, costituisce una porzione di più ampia attività investigativa ancora in corso mirata a comprendere quale fosse la portata dei collegamenti e delle connivenze imbastite da Vito Galatolo sul territorio veneziano negli ultimi anni. Particolare attenzione è stata prestata al comparto turistico-fluviale della città di Venezia nel quale Vito Galatolo operava. Il boss, infatti, lavorava come operaio manutentore in un’azienda del Tronchetto, in regime di sorvegliato speciale
Il boss, radicatosi in un territorio lontano dalla propria originaria realtà criminale, prendendosi gioco dei dettami della sorveglianza speciale cui era sottoposto, non solo ha continuato a dirigere la famiglia mafiosa dell’Acquasanta ma nel contempo organizzava attività criminose anche sul territorio veneziano, avvalendosi di complici già da tempo gravitanti in terra veneziana. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino