È omonimo dello stupratore seriale: «Un incubo»

È omonimo dello stupratore seriale: «Un incubo»
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CASTELFRANCO - Nato nello stesso giorno, nello stesso anno e nella stessa città di un criminale: l'omonimia (i due non si conoscevano) ha finito per trasformare in un'odissea la vita di un 45enne, operaio, sposato e padre di tre figli, falegname in un'azienda della Castellana. L'omonimia stava per distruggergli la vita. Perseguitato dalle Procure, per le quali era uno stupratore seriale, dal Fisco e dalle forze dell'ordine. Anche il titolare, nonostante fosse un dipendente modello, non gli credeva più. Possibile che i carabinieri si stessero inventando tutto? Ma poi il miracolo che ha ripagato la tenacia dell'avvocato Paola Miotti, facendo venire a galla la verità. E a travestirsi da salvatore è stato un giudice che, sebbene convinto d'avere di fronte un maniaco, entrato e uscito più volte dalla patrie galere, ha fatto incrociare alcuni dati, scagionando il 45enne.


IMPRONTE DIGITALI
Nel database del Ministero c'erano le impronte dello stupratore. Il giudice ha così convocato il 45enne in Tribunale e ha ordinato ai carabinieri di prendergli le impronte digitali. Così la verità è venuta a galla. Le impronte digitali non avevano niente in comune e, nei fatti, scagionarono il falegname. Ero solo omonimo dello stupratore. Tutto finito? Per nulla. L'Agenzia delle entrate sembrava ignorare lo scambio di persona. Nella banca dati con quel nome, quell'età anagrafica e codice fiscale c'è una sola persona. «Per tredici mesi tutte le spiegazioni sono state ignorate. L'omonimo - spiegò l'avvocato Miotti - non c'è nella vostra banca dati perché è clandestino». Parole al vento. Come le richieste di documenti per dimostrare l'errore. A quel punto l'aiuto insperato. «Fate sapere ai miei vertici - suggerì un esattore - che informerete giornali, tv e le Iene»...

 
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Il Gazzettino