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VITTORIO VENETO (TREVISO) - Riccardo De Felice ha colpito suo papà Francesco usando una sbarra in metallo, quella che si usa per fare gli esercizi con i pesi. E poi lo ha accoltellato con il coltello da cucina con la lama lunga. Suo padre di 56 anni stava dormendo sul divano. Erano le 4.30 del mattino di oggi, 16 novembre. E lì è stato colpito a morte dal figlio che gli ha sferrato, stando alle prime ricostruzioni, due colpi alla testa con la sbarra, e tre alla gola con il coltello.
La chiamata all'alba: «Mio marito è morto, è stato aggredito»
La chiamata ai Carabinieri è arrivata attorno alle 4.30. Dall'altra parte del telefono c'è una signora sconvolta. E' la moglie di Francesco e mamma di Riccardo. La donna era a letto, è stata svegliata e davanti ai suoi occhi si è palesata la tragedia. «Mio marito è morto, è stato aggredito», avrebbe detto la donna ai militari. Immediata la partenza dalla caserma alla casa di via Rosolen, a pochi metri di distanza. Lì i carabinieri hanno trovato il 24enne Riccardo De Felice sull'uscio della porta, fuori dal portoncino del suo appartamento al secondo piano, in stato confusionale.
L'interrogatorio
Durante l'interrogatorio, il figlio Riccardo è apparso molto confuso. Ma non si è sottratto alle sue responsabilità e ha ammesso le sue colpe. E' stato arrestato in flagranza per omicidio aggravato. Il figlio classe 1996 è aveva frequentato materie umanistiche all'università Ca' Foscari di Venezia. Alla fine degli studi ha fatto qualche lavoro alla Zoppas di Conegliano. Da qualche tempo aveva mostrato dei segnali di squilibrio. Ma nulla che lasciasse immaginare che potesse arrivare ad un gesto così estremo. Francesco è di origini toscane e da qualche tempo viveva a Vittorio Veneto con la sua famiglia, proprio nell'appartamento di via Rosolen. Militare in congedo, aveva lavorato anche a Motta di Livenza e da qualche mese era in pensione. Grande appassionato di ciclismo e di montagna.
L'appartamento dove si è consumata la tragedia
Un cuore sulla porta e quelle spillette appese ad un bastone da camminata per ricordare le imprese fatte tra i monti. E poi il silenzio. Distante dai rumori tipici di un condominio di otto appartamenti popolati anche da bambini. Questo il contesto in cui si è consumata la terribile tragedia. E in via Rosolen c'è un assordante silenzio e tanto sgomento. Francesco De Felice non c'è più. E in molti dalle palazzine vicine escono nel balcone e nel giardino per guardare quell'insolito tran tran di forze dell'ordine. «Era una bella famiglia», afferma una vicina. «Vedevo lui uscire a fumare sul balcone, ma non li conoscevo benissimo», ammette un'altra residente.
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Il Gazzettino