Padova. Omicidio di Matteo Toffanin, il killer della mafia lo scambiò per un altro. A distanza di 31 anni riaperte le indagini

Al posto di Matteo doveva morire un sodale di Felice Maniero: era nel mirino di un'organizzazione di trafficanti di stupefacenti. La fidanzata di Toffanin chiede giustizia da 31 anni

Padova, omicidio Toffanin: riaperte le indagini
PADOVA - Nuove prove, nuove tecnologie, nuovi esami. E così, dopo 31 anni la Procura riapre il caso di Matteo Toffanin, ucciso dalla mafia, per sbaglio, nel 1992. È...

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PADOVA - Nuove prove, nuove tecnologie, nuovi esami. E così, dopo 31 anni la Procura riapre il caso di Matteo Toffanin, ucciso dalla mafia, per sbaglio, nel 1992. È il più misterioso tra i "cold case", i casi irrisolti, del Padovano se non d'Italia e ora sembra che la Squadra Mobile abbia dei nuovi elementi in mano che possano finalmente aiutare a scoprire chi ha assassinato quel ragazzo di soli 23 anni il 3 maggio 1992. Un omicidio per cui la fidanzata di Mattero, Cristina Marcadella - rimasta ferita nello stesso agguato - chiede giustizia da 31 anni.

L'omicidio

Quel che è certo è che, a seguito di alcuni elementi di novità di recente emersi, che hanno portato ad una rilettura degli atti già presenti al fascicolo di indagine dell'epoca, la procura di Padova, attraverso il pubblico ministero Roberto D'Angelo, ha iscritto un nuovo procedimento penale e delegato alla Squadra Mobile del primo dirigente Carlo Pagano ulteriori approfondimenti investigativi sull'omicidio irrisolto. Quella sera di 31 anni fa, verso le 21 Matteo Toffanin, 23 anni, parcheggia la Mercedes davanti al condominio della fidanzata al civico 4 di via Tassoni alla Guizza. L'auto gli è stata prestata dallo zio, la sua utilitaria infatti era in panne, ed è dello stesso tipo, stesso colore, persino tre numeri di targa uguali, a quella di Bonaldo, allora 39enne che abita all'11. Matteo ha appena spento il motore quando dal nulla escono i killer che crivellano la vettura. Lui muore sul colpo, Cristina, la fidanzata resta ferita alla gamba.

Lo scambio di persona

Al posto di Matteo dunque doveva morire Bonaldo, già in affari con Felice Maniero, una sfilza di precedenti lunga un chilometro tra traffico di droga, per il quale fu fermato nel 2010, e rapine, ultime arresto nel 2013. Bonaldo doveva essere eliminato da un'organizzazione di trafficanti di stupefacenti perchè avrebbe acquistato una grossa partita di droga senza pagarla. Questa è la conclusione cui era giunta la Squadra Mobile nel 1995, nel corso delle prime indagini sull'omicidio di Toffanin, coordinate all'epoca dal sostituto procuratore Antonino Cappelleri. Sempre secondo quanto ricostruito dalla Mobile padovana, Bonaldo avrebbe acquistato lo stupefacente assieme a un altro personaggio, un quarantunenne di Piazzola sul Brenta, che secondo gli investigatori si sarebbe occupato della distribuzione, a Padova, di eroina e cocaina proveniente da Milano. Dopo le prime minacce da parte dell'organizzazione, però, il «socio» di Bonaldo avrebbe pagato la droga, mentre questi avrebbe cercato di temporeggiare, benchè fosse stato portato a forza a Milano, dove aveva subito una finta «fucilazione», e il suo negozio di pelletterie fosse stato fatto segno a colpi di pistola. L'uccisione di Bonaldo fu decisa per il 3 maggio, ma gli esecutori scambiarono la Mercedes bianca che Toffanin aveva avuto in prestito da uno zio, per la vettura, identica, di Bonaldo. Il vero bersaglio, che abitava nel condominio di fronte alla casa della fidanzata di Toffanin, quella sera rincasò due ore dopo l'omicidio. Nel dicembre 1993 divenne latitante, quando fu emesso nei suoi confronti, dal gip padovano Maurizio Gianesini, un ordine di custodia cautelare per associazione per delinquere finalizzata al traffico di armi ed esplosivi. Successivamente fu arrestato a Milano. Furono iscritti nel registro degli indagati alcuni pregiudicati siciliani, ma nel 1997, non avendo raggiunto i necessari elementi idonei al rinvio a giudizio, la posizione degli stessi venne archiviata. Ora dopo 26 anni, ci sono delle "novità" e si riapre l'indagine. 

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Il Gazzettino