Omicidio di Sara, la Via Crucis davanti alla casa della madre. Don Ludovico: «Tragedia senza perché»

BOVOLENTA - Era già previsto che l’altro ieri la tappa della Via Crucis per le vie del paese nei venerdì di Quaresima si svolgesse in viale Italia e via...

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BOVOLENTA - Era già previsto che l’altro ieri la tappa della Via Crucis per le vie del paese nei venerdì di Quaresima si svolgesse in viale Italia e via Dante. È però stato inevitabile che una delle stazioni della via dolorosa che ripercorre i passi di Cristo verso il Calvario facesse tappa davanti alla casa della mamma di Sara Buratin, dove la donna è stata assassinata barbaramente. Una coincidenza bagnata dalle lacrime e pervasa dal dolore di una intera comunità sprofondata nel dolore.


Nessun commento, ma un silenzio carico di preghiera. Rivolto a Sara, innanzitutto. Ma anche ad Alberto Pittarello e ai congiunti di entrambi, nati e cresciuti in paese. Intanto sul foglietto settimanale è intervenuto anche il parroco, don Lodovico Casaro.


LO SMARRIMENTO
«Se il pensiero andava prima di tutto a Sara e al modo orrendo in cui è stata stroncata la sua vita, immediatamente poi si spostava sulla figlia, che d’un tratto si è scoperta non solo senza genitori, ma con la cruda realtà che uno era stato vittima dell’altro» scrive il parroco. E aggiunge: «Il pensiero andava anche alle due carissime famiglie, di Sara e di Alberto, sulle quali è stata caricata una croce davvero troppo pesante con domande alle quali, forse, mai si riuscirà a dare una risposta. E ora ci siamo noi, qui, comunità di questo paese che si scopre fragile e inerme di fronte a una tragedia, a un male oscuro, insidioso e subdolo che, nonostante tanta evidenza, facciamo fatica a individuare e identificare. Ci facciamo delle domande. Cerchiamo di darci delle risposte a quanto accaduto».
Don Lodovico continua la sua riflessione: «Non credo siano i proclami, gli slogan o il clamore mediatico a essere decisivi, quanto piuttosto la volontà di relazionarci in modo più umano, più attento e più empatico, a partire dai rapporti di vicinato, di amicizie magari contratte sui banchi di scuola e che si cerca di mantenere nel tempo. E ancora nel salutarsi per strada o nel non avere paura di fermarsi anche solo per chiederci reciprocamente: come stai? Come va?».
«Se penso da quanto lontano possono partire propositi perversi che causano tanto male e ci fanno soffrire, penso che anche il bene ha un suo lungo percorso per arrivare a destinazione e sono convinto, non raramente, si possa giungere al momento giusto a fermare una mano che può fare del male. Crediamo e alimentiamo con pazienza e rispetto tra di noi la pianta del bene» conclude il parroco di Bovolenta.


IL CORDOGLIO


Anche Giorgia Scutari, che vive e lavora a Bovolenta, offre una chiave di lettura che parte da lontano. «Abbiamo sdoganato il male con una leggerezza sconvolgente, guardiamo falciare donne e bambini che si lanciano sugli aiuti umanitari con pretesti vergognosi e non siamo in grado di dire basta al genocidio – spiega –. Guardiamo i ragazzi assopirsi in solitudine sui telefonini e le ragazze fare di tutto per mettersi in mostra perché qualcuno le veda. Ci fa comodo così. Diciamo che è colpa della mentalità patriarcale quando sono ormai cinquant'anni anni che il patriarcato non governa più nessun paese». Ed ecco che il pensiero va al delitto. «Vogliamo tutti bene a Sara e la sua sedia, il suo aperitivo, il suo posto, il suo sorriso e i suoi saluti saranno sempre nel nostro cuore. Ma vogliamo bene anche ad Alberto: il suo assassino, sì. Ma sempre tenero con lei e la figlia, per quanto noi vedevamo. Ma quale dolore avessero dentro e quali ferite si infliggessero non ci dato saperlo, come non ci è data l’autorità di giudicare. Ora, come dice Anna Pittarello, il nostro sindaco, ci sono due famiglie che hanno bisogno di tutto l’amore che possiamo, di tutta la nostra vicinanza e non certo di sentire che il problema sta nell’educazione. Il paese è in lutto per due dei suoi ragazzi». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino