Omicidio di Rolle, marito e moglie massacrati con una roncola. L’assassino chiede la revisione del processo: «Non c’entro nulla»

Il sopralluogo dei carabinieri del Ris di Parma nell'abitazione di Rolle dove sono stati massacrati i coniugi Nicolosi
CISON DI VALMARINO – «Sono innocente, voglio che il mio processo venga celebrato di nuovo». Nonostante la condanna all’ergastolo inflitta in primo...

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CISON DI VALMARINO – «Sono innocente, voglio che il mio processo venga celebrato di nuovo». Nonostante la condanna all’ergastolo inflitta in primo grado dalla corte d’assise del tribunale di Treviso, poi confermata dalla corte d’assise d’appello di Venezia e fatta passare in giudicato dalla Corte di Cassazione, Sergio Papa continua a proclamarsi estraneo all’omicidio dei coniugi Nicolosi, Loris e Annamaria, massacrati a colpi di roncola nella loro abitazione di Rolle l’1 marzo 2018, e sta cercando un avvocato che depositi alla corte d’appello di Trento (competente per questo tipo di casi, ndr) l’istanza di revisione del processo. Già, perché finora diversi legali, compreso l’avvocato Alessandra Nava, non avevano ravvisato gli estremi per poter chiedere che il processo venisse nuovamente celebrato, non essendo venute a galla nuove prove che potessero scagionare il 38enne. A differenza di quanto sta accadendo a Olindo Romano e Rosa Bazzi, la coppia che a Erba, nel comasco, è stata condannata in via definitiva per aver ucciso l'11 dicembre del 2006 a colpi di coltello e spranga Raffaella Castagna, suo figlio Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini.

 

LE MOTIVAZIONI

L’autore dell’efferato omicidio dei due pensionati di Rolle, nonostante tutte le prove depongano a suo sfavore, non ha intenzione di mollare. Dalla sua cella nel carcere di Treviso chiede che l’intero andamento del procedimento penale venga riconsiderato. I margini, però, sono minimi se non nulli. Tant’è che diversi legali finora non hanno portato avanti l’istanza. Anche perché la Corte di Cassazione, nelle motivazioni della sentenza che aveva annullato il ricorso, hanno scritto che le prove a carico di Sergio Papa «sono confermate da una pluralità di significati probatori, che spiegano tutti i fatti disponibili e che non risultano essere smentite da elementi di prova di segno opposto, neppure venendo il rilievo la plausibilità di ipotesi ricostruttive con esse in conflitto, che possano, certo, dirsi avvalorate da minimi elementi di prova». A inchiodare Papa alle sue responsabilità, su tutte, c’è il suo dna sotto le unghie di Annamaria, segno, secondo i giudici della Corte d’assise d’appello di Venezia, «che la donna aveva tentato disperatamente di difendersi dall’aggressione».

 

LA CONFESSIONE

A pesare sulla condanna all’ergastolo era erano state le sue confidenze autoaccusatorie fatte al marocchino Charaf Eddine Bilali, considerato un testimone attendibile e morto in ospedale a Mestre nel febbraio 2023. Papa gli aveva detto di essere stato lui a uccidere la coppia mentre al tg passava un servizio sul duplice omicidio. Parole che hanno una «natura confessoria», così come le intercettazioni delle conversazioni telefoniche e ambientali tra i genitori di Papa e il loro tentativo di preconfezionare dichiarazioni false da riferire agli investigatori, oppure l’incendio dell’auto usata nelle ore dell’omicidio.

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Il Gazzettino