Sei colpi partiti da una pistola calibro 7,65. È uno dei punti fermi dell’indagine sul duplice omicidio del palasport di Pordenone. I proiettili recuperati dai corpi di Teresa...
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Intanto a Pordenone il team di investigatori che da tredici giorni sta cercando di dare un volto all’assassino della coppia di fidanzati, sta cercando di riempire i dieci secondi che si stima siano servizi al killer per portare a termine il suo agguato senza essere visto. Quello che non convince gli inquirenti sono i sei colpi pistola scambiati per «petardi» o «miccette». Agli investigatori sembra impossibile che una persona possa scambiare le deflagrazioni di una semiautomatica 7,65 con un petardo. Forse - come ha sempre sottolineato il procuratore Marco Martani commentando la facilità con cui l’assassino ha sorpreso la coppia - in una città tranquilla come Pordenone non ci si allarma se uno si avvicina a un’auto: il primo pensiero è che abbia bisogno di un’informazione. Quello che ancora non torna è come sia stato possibile che nessuna delle persone finora collocate sul luogo del delitto - a una quindicina di metri di distanza o poco più, appena otto posti auto più in là rispetto alla Suzuki delle vittime - non abbia incrociato l’assassino. Un runner sente le «miccette» mentre svolta l’angolo del palasport, ma passando davanti alla Suzuki pochi secondi prima non ha visto nulla. È stato calcolato che l’azione - limitata agli spari - potrebbe essere durata 4/5 secondi. Se l’assassino si fosse appostato dietro l’auto dei fidanzati gli sarebbe bastata una quindicina di passi per sorprendere Ragone, puntargli l’arma alla mandibola destra e fare fuoco. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino