Delitto di Mestre, Nardelli ha sorpreso i cugini Rusu in camera. Dai cellulari non emerge alcun contatto

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MESTRE - «Trovo le conclusioni del gip Sacramuzza fantasiose e del tutto destituite di fondamento. Lorenzo Nardelli è entrato in casa e ha aggredito Radu che ha reagito. Lo dimostreremo. La presunzione di pericolosità ci sta tutta per trattenere in carcere in miei assistiti ma l’accusa di omicidio volontario e per di più premeditato proprio no, semmai l’eccesso di legittima difesa». A parlare è l’avvocato Jacopo Trevisan difensore dei cugini Radu e Marin Rusu che hanno picchiato a morte il 32enne di Salzano nell’ascensore del condominio al civico 9 di Rampa Cavalcavia a Mestre. «Lo stesso gip - continua - ha tenuto una condotta non giustificabile in sede di convalida urlando le contestazioni, tanto che sono dovuto intervenire affinché utilizzasse un tono più pacato. Non ha tenuto conto della difficoltà a comprendere certi termini da parte dei miei assistiti e della difficoltà dell’interprete a tradurli in modo efficace». Il legale è convinto che la ricostruzione fatta dall’accusa abbia diversi punti oscuri e non scarta quella che indica Nardelli come un probabile ladro: «I Rasu sono stati sorpresi da Nardelli mentre stavano bevendo grappa seduti sul letto e lui ha aggredito Radu, il quale ha reagito. Siamo tranquilli. La verità verrà a galla. La sommaria perizia eseguita sui loro telefonini e su quello della vittima non evidenzia alcun collegamento fra i tre. Nulla di nulla. Non si conoscevano. Non si frequentavano. Gli accertamenti tecnici più approfonditi dimostreranno altri contatti con altre persone che potranno motivare la presenza di Nardelli nel palazzo».


LA TESI


La tesi che Nardelli sia caduto in una trappola è quella che Trevisan confuta con più enfasi: «Tale ipotesi viene suffragata dal fatto che Nardelli ha utilizzato la sua auto parcheggiandola di fronte all’ingresso dell’edificio. Ma le chiavi dell’auto non si trovano e i Rusu quando sono stati arrestati dalla polizia erano in mutande e scalzi e non sono più rientrati nella loro abitazione che è stata subito perquisita e non è saltato fuori niente. Le chiavi non potrebbe averle tenute la persona, un complice, con cui Nardelli si è recato sul posto? Di converso se i Rusu avessero voluto tendere un agguato a Nardelli non gli avrebbero certo dato appuntamento a casa propria, non si sarebbero fatti trovare seminudi e soprattutto avrebbero utilizzato una mazza non certo le mani. C’era un coltello sulla tavola in cucina e lì è rimasto». Secondo la versione di Radu, l’unico che si è scontrato fisicamente con Nardelli, lui ha continuato a picchiare perché l’altro continuava a scalciarlo, a colpirlo, a menarlo. «Non si sono resi conto di quanto avevano fatto. Quando sono arrivato alle tre di notte - spiega l’avv. Trevisan - non sapevano che era morto e nemmeno che fosse grave e mi hanno chiesto come stava. Erano ubriachi? Alcol ne avevano ingerito. Si sono subito sottoposti in maniera spontanea al test». Il referto dell’autopsia riporta il quadro di un pestaggio bestiale e feroce: Nardelli ormai ridotto a una maschera di sangue ha ricevuto il colpo letale quando gli è stato sbattuto il capo contro lo stipite della porta dell’ascensore. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino