Si fanno fare una fotografia con il coltello dalla vittima, poi uccidono Marcella

Wail Boulaied, uno dei killer di Marcella Boraso
VENEZIA -  Prima di ucciderla, si sono fatti scattare una foto dalla vittima. Sguardi e atteggiamento da duri, in posa con un grosso coltello da cucina: lo stesso, secondo...

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VENEZIA -  Prima di ucciderla, si sono fatti scattare una foto dalla vittima. Sguardi e atteggiamento da duri, in posa con un grosso coltello da cucina: lo stesso, secondo gli investigatori, utilizzato poi per ferirla a morte. Un omicidio cruento e assurdo, per le modalità e per il movente: Marcella Boraso, 59enne di Portogruaro, è stata assassinata per pochi spiccioli e una collana di bigiotteria. Una manciata di euro che dovevano servire a concludere in bellezza la serata dei suoi carnefici, i due marocchini Wail Boulaied, 23 anni, e Mohammed Rabih, 21: l’intenzione, infatti, era spenderli in marijuana.

DEPRESSIONE E SOLITUDINE Il delitto della notte del 22 luglio a Portogruaro nasce in un contesto malato, fatto di dipendenza e depressione. Da una parte una donna sola, Marcella, che negli ultimi dieci anni, dopo la morte del marito, aveva visto la vita scivolarle dalle mani. L’ombra nera della depressione tenuta a bada solo dagli psicofarmaci e dalla compagnia di quei due giovani marocchini. Soprattutto Boulaied. Non una relazione incondizionata, in realtà: i due, infatti, la frequentavano per poter usufruire delle sue benzodiazepine. Marcella un po’ l’aveva capito, ma aveva accettato il compromesso, pur di avere qualcuno vicino. Una volta, sentita come testimone per un furto, aveva raccontato anche ai carabinieri il suo rapporto con il 23enne: «È gentile con me, mi tratta bene. Però ogni tanto, quando non gli do i soldi per le sigarette, si arrabbia e diventa scontroso e violento». Fino a pochi giorni fa, Boulaied aveva sempre negato di essere l’autore dell’omicidio. Poi, messo alle corde dalle prove raccolte, ha deciso di confessare. E giovedì i militari hanno arrestato anche il suo complice, Rabih.

LA RICOSTRUZIONE Quella notte Boulaied scrive un messaggio alla donna: «Sto venendo a casa tua». Si presenta insieme a Rabih. I tre passano la serata tra alcol e psicofarmaci e sembrano divertirsi: con un cellulare si scattano delle foto. In una di queste, Boulaied e Rabih sono in posa con un grosso coltello da cucina. L’unica altra persona all’interno dell’appartamento, quella notte, è Marcella: è lei, quindi, a scattarla. Intorno alle 3 del mattino i due giovani, decisi a proseguire la nottata, vogliono comprare della marijuana. I soldi sono sempre quelli di Marcella, e allora Rabih entra in camera da letto per impossessarsi di gioielli e contanti. Trova solo spiccioli e una collana di bigiotteria, ma Marcella se ne accorge e cerca di fermarlo. A quel punto Boulaied la colpisce al volto con un coltello, probabilmente lo stesso delle foto (e che non sarà mai più trovato). Lei cade, poi Rabih la tiene ferma mentre il complice, con un martello, si accanisce su di lei. Non solo: durante l’autopsia, infatti, sono state trovate tracce di ceramica all’interno della scatola cranica. L’ipotesi e che le abbiano sbattuto la testa più volte contro il water. I due prima cercano di ripulire la scena del crimine, poi provano a eliminare le tracce: prima lasciano aperta l’acqua della vasca, poi accatastano del materiale sui fornelli per procurare un incendio. Da qui, l’allarme.

L’INDAGINE I carabinieri hanno recuperato le foto dai due cellulari degli assassini (che erano state cancellate nel frattempo) e, prosciugando un canale nelle vicinanze, hanno trovato il sacchetto in cui erano stati nascosti i guanti utilizzati per ripulire la casa e il martello. A casa di Rabih, inoltre, c’era la collana rubata. Per entrambi, ora, l’accusa è di omicidio in concorso e rapina. 

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Il Gazzettino