Omicidio del Piave, Anica Panfile uccisa e abbandonata nell'ansa del fiume. Franco Battaggia, ex mala del Brenta, incastrato dal fratello: «Quel tappeto pesava, mi ha chiamato per caricarlo nel pick up»

ARCADE (TREVISO) - «Era passato a prendermi e mi aveva portato a casa sua ad Arcade perché voleva aiuto per sollevare alcuni tappeti arrotolati...

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ARCADE (TREVISO) - «Era passato a prendermi e mi aveva portato a casa sua ad Arcade perché voleva aiuto per sollevare alcuni tappeti arrotolati all’interno del garage. Ricordo che erano due, e uno era più grande e molto più pesante dell’altro». È un passaggio dell’interrogatorio reso da Lorenzo Battaggia, il fratello di Franco, l’unico indagato (tuttora in carcere, ndr) per l’omicidio di Anica Panfile, la 30enne romena uccisa il 18 maggio dello scorso anno e il cui cadavere venne ritrovato tre giorni dopo in un’ansa del Piave, a Spresiano. Parole che sembrano descrivere una semplice circostanza. Un dettaglio, tra l’altro mai emerso finora, ma che per la Procura non lo è affatto. Anzi, è uno degli indizi che secondo gli inquirenti incastrano il 78enne di Arcade. Già, perché in quel tappeto i carabinieri del Ris di Parma hanno trovato il dna della vittima. E quel tappeto, caricato nel pick-up di Battaggia, sarebbe quello utilizzato dall’ex Mala del Brenta per sbarazzarsi del cadavere.

 

LE MOTIVAZIONI

Le parole di Lorenzo Battaggia sono contenute, in piccolo passaggio, all’interno elle 23 pagine di motivazioni con cui i giudici del tribunale del Riesame hanno respinto la richiesta di scarcerazione di Franco Battaggia presentato dalle ex legali del titolare della pescheria El Tiburon di Spresiano, le avvocate Loretta Cassano e Maria Palomba. Ricorso fondato solo sulla contestazione delle esigenze cautelari. L’auttuale difensore, l’avvocato Fabio Crea, intraprenderà una strada diversa, contestando in primis anche la gravità indiziaria. I giudici, che si erano presi 30 giorni per depositarle, hanno però di fatto confermato l’impianto accusatorio costruito dalla Procura di Treviso. D’altra parte, come sottolineato ieri dal procuratore Marco Martani, «l’ultima traccia di Anica è nell’appartamento di Battaggia e che sia uscita viva da quella casa lo dice solo lui, senza che ci siano altri riscontri».

 

GLI INDIZI

Franco Battaggia, secondo la ricostruzione della Procura di Trevios, è stato, appunto, l’ultimo ad aver visto viva Anica Panfile, sua ex dipendente, con cui aveva un appuntamento per la consegna del Cud e che quel fatidico 18 maggio è stata nella villetta di Arcade. Proprio lì i Ris hanno trovato tracce di Dna della vittima: su un materasso e sul tappeto, usato - secondo gli inquirenti - per avvolgere il cadavere e gettarlo nel Piave. Un altro indizio che inchioda il 78enne è la presenza del suo pick-up lungo il canale della Vittoria la sera del delitto, vicino al luogo in cui è stato poi trovato il corpo della 30enne. A far scattare il fermo, il 16 gennaio scorso, era stato appunto il pericolo di fuga. Il 30 ottobre, parlando al telefono con un amico, gli aveva confidato l’intenzione di andare via: «In mezz’ora avevo già organizzato la fuga. Se trovassi una casetta per nascondermi...». Era bastata una convocazione in caserma a metterlo in allarme. Ed era pronto a tagliare la corda.

 

GLI SPOSTAMENTI

A spingere la Procura a chiedere e ottenere la misura di custodia cautelare in carcere era stata anche la ricostruzione degli spostamenti di Battaggia effettuati il giorno della scomparsa di Anica. Dai riscontri sono emersi due viaggi di andata e ritorno a Mogliano (dove il 77enne è andato a prendere il fratello Lorenzo per portarlo nella sua casa di Arcade) ma anche la presenza del parente a bordo del pick-up bianco. Lo stesso usato per sbarazzarsi del cadavere, secondo la Procura. L’ultimo messaggio visualizzato da Anica, il 18 maggio, è delle 16.07. Poi di lei si perdono le tracce ma il cellulare (mai ritrovato) rimane agganciato a una cella di Arcade, compatibile con la villetta di Battaggia. Un’ora dopo, il titolare della pescheria “El Tiburon” di Spresiano raggiunge la casa del fratello, a Mogliano. Le celle agganciate dal telefonino del 78enne e le telecamere di videosorveglianza confermano il viaggio. Alle 17.56 alcuni occhi elettronici registrano il mezzo transitare in via Montello, tra Spresiano e Arcade, in direzione Arcade. A bordo ci sono due persone: quella seduta sul lato passeggero, secondo gli investigatori, è il fratello di Battaggia. Lo ha poi riaccompagnato a casa alle 20.44, l’orario in cui il pick-up bianco viene immortalato da una telecamera nei pressi del casello di Treviso Nord. Poi i viaggi frenetici sul canale della Vittoria, affluente del Piave per liberarsi del corpo. Sono tre i passaggi registrati tra le 22.08 e le 23.32 da una telecamera privata di via Barcador e da un lettore targhe. È uno degli indizi che inchioda Battaggia perché ne attesta la presenza nel luogo in cui, tre giorni più tardi, è stato ritrovato il cadavere di Anica Panfile.

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Il Gazzettino