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TREVISO - Un’equipe multidisciplinare dell’Usl aveva effettuato una diagnosi di disturbi dello spettro autistico. Non c’erano parametri definitivi, né indici di gravità, ma già si stava verificando la presa in carico. Il percorso di Massimiliano è tutto scritto nelle cartelle cliniche, che ieri sono state consegnate in Procura. «La situazione è molto delicata, e senza voler aggiungere dolore alla disperazione dobbiamo però confermare che la diagnosi di autismo era stata formulata dall’azienda sanitaria dopo numerosi colloqui interdisciplinari». È il direttore sanitario Francesco Benazzi a chiarire quale fosse stato l’iter per definire i disturbi di cui soffriva il piccolo Massimiliano. Due anni di vita. Di sorrisi, di abbracci. Ma mai neppure una volta Egidio aveva potuto sentire la voce del piccolo Massimiliano chiamarlo papà. Il bimbo comunicava con gli sguardi, per imitazione, ma quelle parole non volevano uscire. Neanche come infantili lallazioni. E le parole che non ha mai detto da sole non sono certo sintomo di disabilità. Ma rimangono un campanello d’allarme importante. Egidio non aveva solo intuito. Egidio sapeva. Perchè c’era una diagnosi conclamata. «Ci sono le relazioni dello psicologo, del logopedista, di tutte le professionalità che compongono il team multidisciplinare che -all’interno dell’Usl 2- ha emesso una diagnosi di disturbi dello spettro autistico per il bimbo di 2 anni e mezzo» ribadisce l’azienda sanitaria.
L’EQUIPE
Un percorso coerente e vigilato, che da solo non significava certo una grave disabilità. «Tengo a sottolineare che poter avere una diagnosi di questo tipo così presto in molti casi può garantire un percorso verso una forma di sostenibilità che i genitori all’inizio non riescono neanche a immaginare -esordisce Salvatore Borsellino, coordinatore del team di psicologi che si occupano anche dei disturbi legati all’autismo- L’esito del percorso di indagini legato al quadro del bimbo aveva portato a una diagnosi di disturbo dello spettro autistico.
DENTRO IL LABIRINTO
Ma per Egidio tutte le rassicurazioni non contavano. Agiva in lui una verità che nasceva dalla sorpresa, e da convinzioni non suffragate dai fatti. «So che sarò definito un mostro, ma il dolore che sto provando lo conosco solo io. L’ho fatto per evitare a mio figlio un futuro di sofferenze. Meglio farla finita subito, prima che sia troppo tardi». Nella lettera lasciata in cucina prima di togliersi la vita, Egidio Battaglia scrive per filo e per segno il motivo che l’ha spinto a strangolare il figlio Massimiliano, di appena due anni e mezzo, e a uccidersi, ferendosi alla gola con un coltello da cucina. In quattro fogli bianchi, strappati da un block notes, il 43enne è tornato più volte sulla diagnosi che, da qualche mese, lo aveva gettato nel più profondo sconforto: quella di una possibile forma di autismo della quale il bimbo, in futuro, avrebbe rischiato di soffrire. Nelle 4 pagine della lettera fiume il 43enne torna più e più volte sulla forma di autismo che, a suo dire, avrebbero procurato pesanti sofferenze al figlio. Preoccupazioni che, forse, non aveva condiviso fino in fondo con i suoi familiari, al corrente di quell’abbozzo di diagnosi, seguita a una visita effettuata appena un paio di mesi fa, ma per nulla consapevoli di quanto quell’annuncio avesse destato il cuore e la mente di Egidio. «Gli altri non si rendono conto di quanto grave sia la situazione, io sì» ripete il 43enne nella missiva, scritta a mano, in cui traspare anche l’angoscia per il futuro. «Quando noi non ci saremo più, che ne sarà di lui?». Egidio e Massimiliano sono usciti dall’appartamento in un’unica bara bianca. Ed è così che la famiglia desidera che risposino. Insieme. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino