Omicidio di Paderno del Grappa. Bledar Dedja, sotto la lente d'ingrandimento il cellulare e i messaggi WhatsApp alla caccia del killer

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PADERNO DEL GRAPPA (TREVISO) - C’è un indizio importante per cercare di risolvere l’omicidio di Paderno del Grappa. È il telefonino di Bledar Dedja che il killer ha lasciato nel cruscotto dell’auto. Il cellulare è una specie di agenda, su cui sono scritte le tracce della vita di un uomo. Chi conosceva, chi contattava, quali appuntamenti aveva, in che posti. Dove e quando. Per fare che cosa. Non solo le telefonate fatte e ricevute, ma anche i messaggi inviati via Whatsapp e le foto, potrebbero raccontare molto di Bledar, colpito da un numero impressionante di coltellate. Come se a inferire contro di lui ci si fossero messi in due. Potrebbero svelare, ad esempio, se aveva dato un appuntamento per quel sabato pomeriggio in cui ha trovato la morte. Oppure potrebbe emergere tra le righe se aveva qualche questione sospesa e, per questo, si era presentato all’appuntamento con il suo assassino, ignaro della fine che lo aspettava. È quanto sta cercando di capire la Procura in queste ore, insieme ai carabinieri che hanno avviato indagini. Il procuratore Marco Martani conferma: «Stiamo cercando risposte sul cellulare della vittima». 


IL DATORE DI LAVORO
E poi il racconto di chi Bledar lo conosceva di persona. Come il suo datore di lavoro, Emanuele Reginato che gestisce l’Antica Abbazia di Borso del Grappa, dove il 39enne lavorava da tre anni come giardiniere, uomo di pulizie e factotum. Lui, con un passato da muratore, si era rivolto a Reginato per cambiare occupazione. L’impiego nell’impresa edile era diventato troppo faticoso.
Bledar lo aveva svolto per tanti anni, ma adesso era stanco. Così, il titolare dell’Antica Abbazia gli aveva dato fiducia e lo aveva assunto. «Di lui posso dire solo un gran bene. Era un lavoratore che non si spaventava per la fatica. Da noi faceva tante cose, oltre alle pulizie ultimamente stava ridipingendo un locale. Era assunto a tempo pieno» spiega Reginato. Cercando nei ricordi, dice: «Gli piaceva lavorare da noi, tanto che alcune serate, per festeggiare qualche appuntamento importante, veniva a cena qui con tutta la famiglia. Ho conosciuto la moglie e anche i due figli. Ora sono addolorato per loro. Penso che gli manchi un punto fermo e un sostegno importante. I bambini sono tanto piccoli». 


GLI AMICI


Al lavoro Bledar aveva alcuni amici. Anche se faceva orari che non lo mettevano in contatto con gli altri dipendenti. Lui era operativo la mattina e il primo pomeriggio mentre il locale apre alle 18,30. «Lo aveva conosciuto mio padre e l’ho conosciuto anch’io - dice uno dei dipendenti - era una bravissima persona. Non so cosa possa essere successo, ma penso ai figli che sono rimasti senza un papà così piccoli». E conclude: «Abbiamo tutti bisogno di elaborare quanto successo». Mentre i parenti, che non sanno darsi pace per la perdita, sperano che il colpevole sia assicurato quanto prima alla giustizia. «L’omicida deve marcire in galera» hanno ripetuto fuori da casa della famiglia Dedja. Mentre i carabinieri continuano a sentire parenti e amici (la moglie l’hanno già sentita) per ricostruire la vita di Bledar e i contatti che aveva. Sperando di trovare, tra le pieghe del suo recente passato, tracce per risolvere il giallo del suo omicidio. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino